STIAVA – La scultrice Roberta Giovannini Onniboni

di NICLO VITELLI – Da Venere a lavandaia, una mostra, un’idea, un’artista che ha deciso di mettersi a disposizione della comunità.

La Versilia in estate si trasforma in un grande palcoscenico: le iniziative piovono come coriandoli coprendo quasi tutto il territorio e in particolare si concentrano nei luoghi turistici per eccellenza, susseguendosi, sovrapponendosi e intersecandosi compulsivamente.

Ogni Comune mantiene la più rigorosa autarchia e con fondi propri o ingegnandosi come può le pensa di tutti i colori: mostre, serate d’intrattenimento, di poesia, di prosa, di balletto, di musica e chi più ce n’ha più ce ne metta.

Qualche Comune spende risorse importanti per mostre o per esporre sculture, anche belle e di artisti quotati ma che con il territorio e con le proprie tradizioni c’entrano ben poco. E’ un festival arlecchinesco di sculture: dal cocomero, a valige che si aprono, a cariatidi scolpite e messe in bella posta per le foto d’occasione ma che poi, finita la stagione, emigreranno in altri posti.

Nello stesso tempo, però, succede pure che le opere donate ad una città da un artista importante e già collocate vengano rimosse e buttate in un magazzinaccio a cielo aperto in attesa di un restauro dai tempi biblici. Nel bailamme versiliese tutto però può succedere! E’ l’insostenibile leggerezza dell’essere Bellezza! Poi c’è la lirica sul lago, la Versiliana, Villa Bertelli, Bussoladomani e via all’estro creativo.

Questa malattia endemica ha finito per contagiare un po’ tutti: associazioni, comitati della pineta, laboratori artistici, bar, ristoranti, bagni. E alla sera feste rionali e paesane, sagre e altri eventi d’arte varia! Disco verde, dunque, a tutto quello che ciascuno ritiene utile ad incrementare il turismo seguendo la più che nota ricetta fai da te! Nel pentolone estivo versiliese, come in quello delle streghe del Macbeth verdiano, c’è posto per tutto, compresi provvedimenti restrittivi e punitivi quando in questa babele di effervescenza c’è un decibel in più che disturba qualcuno.

Finita la stagione, che sempre lascia una scia di recriminazioni, buoni propositi e di progetti di cambiamento annunciati, che immancabilmente durano lo spazio di pochi giorni, il motore della fantasia si spegne e cala la notte: questa più o meno allunga le sue ombre soporifere dai monti al mare e non lascia scampo ai tapini indigeni salvo i fuochi del periodo carnevalesco.

Ecco, in questo oceano sconclusionato di ludica fantasmagoria ci sono delle iniziative che hanno un valore, hanno un significato, non sono meramente turistiche o da mordi e fuggi. Meriterebbero una segnalazione particolare, alla pari di quelle che vengono fatte nelle guide del Gambero Rosso o Michelin con qualificate recensioni gourmet.

Fuori dalla mondanità, in un Comune minore ma non certo meno importante come Massarosa, in località Stiava presso Villa Gori, è stata organizzata la mostra ‘Scultura a Massarosa da Venere a Lavandaia’ dell’artista Roberta Giovannini Onniboni.

La storica d’arte Antonella Serafini nella prefazione al catalogo della mostra ne ha ben tratteggiato il profilo: “…Quando Roberta Giovannini Onniboni – scultrice di Pietrasanta e recentemente trasferitasi a Stiava- passeggiando per il paese per conoscerlo e prenderne confidenza, si è imbattuta nei luoghi ancora intatti delle lavandaie…ha visitato i luoghi, ha raccolto testimonianze”.

L’acqua del resto ha costituito la cifra principale dell’impegno della scultrice fin dalla fine degli anni novanta del novecento: l’acqua come elemento vitale, come movimento incessante di “…purificazione e di conoscenza, di origine della civiltà e dei miti, della vita terrena e del sacro”. E il percorso dell’artista, di fronte ad una esperienza così umana e intensa, storicamente definita ma anche così significativa non poteva rimanere indifferente. Ha preso corpo l’idea di una mostra: una piccola idea rispetto a quella che subito dopo è balenata di un progetto più significativo, più corposo: trasformare con l’aiuto dell’arte l’esperienza storica delle Veneri-lavandaie in un evento-comunità permanente.

Un museo internazionale dove artisti di tutto il mondo possano mettere a disposizione le loro opere dedicate, una manifestazione che possa rappresentare e costituire per tutta la comunità locale una fonte di attrazione culturale ed artistica ma anche di reddito, con una dilatazione progressiva delle iniziative anche ad altri generi, fino a costituire un Festival futuro dedicato ad uno dei beni comuni più preziosi per l’umanità e, al tempo stesso, al lavoro, alle esperienze non comuni. Dedicato anche alle donne, forza motrice insostituibile e determinante per il futuro, le sole che hanno in sé essenze diverse: di Venere, di lavoratrice, di madre, di levatrice della storia.

Poteva essere solo un’intuizione, un sogno ma poi l’autrice ha incontrato il Comitato della Frazione che già era attivo su questi argomenti da molti anni con progetti culturali ed artistici, alcuni dei quali organizzati in collaborazione con le amministrazioni comunali.

La realizzazione della mostra parte infatti da lontano, dal 2017, dalla presentazione del libro di Alfredo Gori e di Sergio Pardini sull’epopea delle lavandaie. La presentazione fu accompagnata dalla posa di mattonelle, realizzate dagli studenti del Liceo artistico Stagio Stagi di Pietrasanta, nella piazza Sandro Pertini dove sono stati restaurati e ricomposti i lavatoi
Siamo ancora all’inizio perché per dare le gambe ad un progetto così ambizioso sono necessari molti altri contributi, risorse, idee e una visione di futuro da condividere, da sostenere.

Da una costola è nata l’altra metà dell’essere umano mentre, come era chiaro a Talete, l’acqua è tutto e il tutto scorre secondo il Panta rei di Eraclito trasformandosi continuamente. In questo viaggio verso il futuro Venere, sia pure faticosamente e a costo di dure battaglie, sta guadagnandosi il posto che le spetta nella società.

Le lavandaie invece non ci sono più: rientrano in quella gente non comune che ha ben delineato nell’omonimo libro lo storico Eric Hobsbawm: quelle genti che sono state protagoniste, senza nemmeno una citazione sui manuali scolastici, della nostra storia e che l’enorme alterigia della posterità vorrebbe seppellire per sempre. I nomi di quelle donne lavandaie andrebbero ricordate e menzionate in una sorta di albo speciale: la loro fatica, il loro sudore, i loro sforzi per garantire pulizia, igiene, decoro sono stati indispensabili e fondamentali per la crescita e il sostentamento delle attività turistiche locali.

Oltre all’impegno di madri amorevoli e di factotum di casa, quell’attività lavorativa sfiancante, dalle prime ore dell’alba fino alla sera, era indispensabile per garantire quel reddito aggiuntivo necessario a vivere decentemente, erano anche coraggiose come quando – quest’anno ricorre proprio il novantesimo anniversario- le lavandaie di Stiava scesero in piazza agitando le loro picchie, lo strumento che veniva usato per battere il bucato. In quegli anni terribili della dittatura fascista, non era davvero facile opporsi ai progetti di rapina del bene più prezioso di quella comunità.

Già nel 1906 il Giornale d’Italia aveva scritto di una deviazione dell’acqua verso Livorno. Le assicurazioni di Prefetti e Podestà tacitarono gli animi evitando che si procedesse in quella direzione. Ma una quindicina d’anni dopo la questione riesplose con il progetto del Comune di Viareggio di canalizzazione delle acque verso la città costiera, allora in crescita esponenziale e centro di riferimento dei maggiorenti fascisti, di intellettuali di regime e delle famiglie reali.

La mostra è stata inaugurata con una introduzione bellissima, fuori dai pomposi discorsi che servono più a far belli politicastri di passaggio o ad osannare l’artista di turno o il gallerista che non a dare conto dei contenuti, delle relazioni, dei rapporti con il territorio.

Un’attrice, Patrizia Lazzarini, che è anche coordinatrice artistica del comitato promotore ha recitato brani di poesie famose, tutte dedicate all’acqua e al lavoro delle donne, ai sentimenti di gioia e di speranza rispecchiati e contaminati nel flusso del liquido vitale – La nascita di Venere di Rilche, Frammenti di Eraclito, I Fiumi di Ungaretti, Mattino di Garcia Lorca, Lavandare di Pascoli, La fontana malata di Palazzeschi, Lavandaie di Alda Merini, Corpo di donna di Alina Reys. Uno spettacolo condotto benissimo, con una perfetta e armoniosa integrazione tra versi recitati con maestria e un efficacissimo contorno musicale a cura di Giampiero Pierini al flauto traverso e di Adriana Montori al flauto basso che ha impresso forza e coloritura alla narrazione.

All’affollatissima inaugurazione della mostra, che dal 12 Agosto proseguirà fino al 2 di Settembre, tutto l’auditorium di Villa Gori era al completo con posti in piedi e con molti intervenuti che sono rimasti all’esterno. L’interesse per questo progetto è testimoniato dalla anch’essa numerosa partecipazione all’evento nell’evento costituito dalla serata dedicata a C’era una volta Radio Gora dove è stato presentato un filmato, a cura di Simone Rossi, con foto d’epoca e interviste incentrato proprio sul racconto delle lavandaie di Stiava.

La mostra è aperta per le visite tutti i giorni dalle ore 18 alle 23 ed oltre alle opere della scultrice è possibile apprezzare un’ambientazione curata dalla regista Patrizia Hartman e dal compositore Sergio De Vito.

Di svecchiare le vacanze e di un’adeguata promozione ne ha parlato recentemente al Tirreno Sandra Lupori Presidente di Federalberghi di Viareggio; Occorre una programmazione continua con una progettualità a partire dalla Regione perché serve pensare a un futuro a lungo termine durante tutto l’anno ha affermato a La Nazione invece Maria Bracciotti, Presidente degli albergatori di Lido di Camaiore.

In questa riflessione l’iniziativa di Stiava e il progetto che sta prendendo corpo potrebbero inserirsi a pieno titolo. Vedremo se la politica e gli amministratori sapranno far fare questo salto di qualità. Le premesse progettuali abbozzate, le disponibilità degli amministratori di Massarosa e della scultrice Roberta Giovannini Onniboni ci sono: non resta che avviare il lavoro per far diventare questa idea, quello che ancora appare come un sogno, una realtà.