Svolta autoritaria, Parlamento delegittimato e l’indifferenza

di ALDO BELLI – L’epilogo drammatico di una nazione si presenta quando la sua Costituzione viene sistematicamente violata nel silenzio.

In Italia, forse, il problema è che non si insegna più la storia sui banchi di scuola e delle università. Sarebbe difficile, diversamente, comprendere la contraddizione che stiamo vivendo tra un Parlamento deligittimato dalla sovranità popolare espressa nelle urne elettorali e un popolo che assiste indifferente alla violazione dei propri diritti di elettore e di cittadino.

Che il Parlamento nazionale non corrisponda alla maggioranza politica reale nel paese è ormai evidente da tempo (se pensiamo al Partito Democratico i gruppi parlamentari non corrispondono addirittura neppure alle sue correnti interne essendo rimasti sostanzialmente ascrivibili a Matteo Renzi che al Piddì non appartiene più, mentre il Movimento CinqueStelle è ridotto a percentuali telefoniche). Ma ugualmente evidente è che al popolo italiano poco importa, anzi quasi niente. Un parlamento incapace di eleggere perfino un presidente della Repubblica la dice lunga, al di là dello zucchero filato che tutta la grande informazione ci ha propinato per rendere la rielezione di Sergio Mattarella un successo democratico.

In questa contraddizione drammatica per la salute di una nazione, il cadavere eccellente aleggia nell’aria quotidiana, ma le grida di sgomento si riducono a poche voci, largamente inascoltate, spesso derise. La Costituzione della Repubblica Italiana.

La politica è l’arte del possibile, mi pare lo dicesse Otto von Bismarck, ma la perdita di memoria storica riduce la politica ad arte dell’arrangiarsi, secondo le convenienze del momento.

La lenta deriva autoritaria attraverso il progressivo svilimento della Carta Costituzionale proviene da lontano, le decretazioni durante la pandemia o la partecipazione alla guerra in Ucraina dell’Italia sono solo gli ultimi capitoli in ordine di tempo. Nei primi cinquant’anni di vita repubblicana il motivo dominante dello scontro politico e sociale era dare completa attuazione alla Costituzione; dopo, è stato in che modo spogliarla gradualmente di tutto ciò che appariva di ostacolo, ingombrante, alla maggioranza che governava – qualunque essa fosse; per essere libera dal vincolo irrinunciabile di ogni democrazia che è costituito dall’obbligo di rendere conto delle proprie azioni e del rispetto della Costituzione.

E’ stata modificata la legge elettorale, con la scusa dell’immoralità delle preferenze, con l’esito finale di un listone di candidati al Parlamento esclusivamente deciso dai pochi che reggono oggi i partiti. Poi, con la scusa dell’efficienza e del rispetto del voto popolare, sono stati esautorati i Consigli Comunali dei loro poteri introducendo una figura del sindaco di fatto assimilabile a quella con i poteri di un podestà. E’ stato distrutto il Sistema Sanitario Nazionale, con la scusa dell’autodeterminazione delle Regioni. Il diritto allo studio è stato ridotto ad un obbligo di frequenza, obbligatorio e facoltativo, senza più un fine che corrispondesse all’educazione di cittadini e alla formazione di risorse professionali per il futuro. Tutto il tessuto sociale intermedio storicamente dialogante tra governo e cittadini – sindacati, associazioni di categoria, associazioni culturali – pur con tutti i noti difetti, è stato scardinato con la chimera della democrazia diretta. Il conflitto di interessi inaugurato da Berlusconi è diventato il conflitto di interessi di un intero sistema. I cittadini hanno paura quando vedono la scritta di un Tribunale, a ragione o a torto questa è la verità, e si tratta dei cittadini onesti che osservano la legge.

Chi difende più la Costituzione? Se qualcuno pensa che le svolte autoritarie, contro la democrazia, nell’era contemporanea avvengano con i carri armati nelle strade si sbaglia. Hitler andò al potere con libere elezioni, e anche il primo governo Mussolini ricevette un voto del Parlamento non ancora fascistizzato.

“Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!”. Del resto, nella maggioranza delle case italiane non manca una copia della Bibbia e della Divina Commedia, ma probabilmente nessuno le ha lette. O non le legge più da tempo.