di ALDO BELLI – Una domanda semplice al sindaco di Verona: dove andranno a finire i 500.000 euro dei veronesi, voce per voce come a scuola
Il 5 novembre il Consiglio Comunale di Verona ha approvato l’ erogazione di un “contributo straordinario per supportare la ridotta stagione lirica e concertistica della Fondazione Arena per COVID 19 + euro 500.000,00”, (citiamo la deliberazione n.37). Vorrei rivolgere una semplice domanda al sindaco Sboarina. Senza alcuna intenzione polemica.
Sto ancora cercando di capire il grido di disperazione delle Fondazioni liriche (e assimilati): avvalendomi della logica prima ancora dei bilanci. L’Italia non ha ricevuto un danno economico dalla bigliettazione dei teatri, poiché anziché restituire il denaro pagato ha inventato i voucher (insomma, si è tenuta il denaro contante del pubblico pagante in cambio di carta). Gli allestimenti delle produzioni sono stati in parte non eseguiti e quindi non pagati, la messa in scena non c’è stata. Il Mibact ha elargito il proprio contributo ordinario (il FUS) ed ha imballato svariati milioni (stando ai proclami del ministro Franceschini) indirizzati sui binari delle Fondazioni Liriche come supporto alla carestia provocata dalla pandemia. In più, si è dato corda alla cassa integrazione per il personale dipendente.
Seguendo la logica, mi viene naturale non capire dove e in che misura stia la carestia da Covid-19 che imponga una così pesante sottrazione di denaro pubblico dalle tasche dei cittadini italiani (fino a un anno fa con il debito pubblico soffocante). Di denaro e di debiti degli italiani, parlo.
Il 5 novembre, 500.000 euro dei veronesi hanno preso la via della Fondazione Arena. Potevano essere destinati altrove (alla manutenzione di opere pubbliche, ai servizi sociali, eccetera). L’Arena rappresenta un bene primario per Verona, ovviamente; credo però doveroso, e anche tranquillizzante, che i veronesi sappiano dove esattamente andranno a finire questi ulteriori 500.000 euro: voce per voce, come si faceva a scuola sulla lavagna tirando le colonne dove sulla prima ci sta l’oggetto e sulla seconda il segno meno la cui somma farà pareggio con i 500.000 della terza colonna.
Non dovrebbe essere un esercizio complicato, signor sindaco.
Mi rendo conto che in giorni difficili come quelli che stiamo vivendo, porre domande come questa possa apparire impertinente o cinico: ma non lo è. Perché la democrazia non conosce periodi di ferie. E noi siamo tra coloro che, nella quotidiana partecipazione al dolore che vive il Paese, resistiamo e invitiamo a resistere a che il dolore non divenga mai la scusa per chiudere il sipario sulla vita che continua (o per coprire le responsabilità del passato e del presente nei confronti dei diritti e dei soldi dei cittadini).