di ANDREA APPETITO – L’approssimazione allegra di un discorso conviviale. Essere un banchetto per tutti. Fino alla fine.
Vengo da una famiglia di contadini. La morte è il momento necessario di una catena alimentare. Ciò che ho ucciso mi nutre ma ciò che mi nutre è stato curato, allevato, ogni giorno. Ci si nutre ad ogni livello (fisico, mentale, spirituale) e ovunque in noi ci sono tracce del passaggio di ciò che ci ha nutrito. Rimane una profonda gratitudine. La morte è dura ma sacra. Ciò che nutre è morto per alimentare e non ha una data di scadenza ma una data di nascita. Anche se non faccio il contadino questa cultura mi ha nutrito. Ci si china sulle cose per farle crescere, si è fedeli fino in fondo e crudeli se necessario. La morte è dura ma sacra perché ha a che fare con il sangue, non con le agenzie funebri. E il sangue è l’anima. Soprattutto il sangue del pericardio, il più vicino al fuoco che va tenuto sempre acceso, non con la precisione delle parole scritte ma con l’approssimazione allegra di un discorso conviviale. Essere un banchetto per tutti. Fino alla fine.

Andrea Appetitoè nato a Roma nel 1971 e insegna Filosofia e Storia in un liceo dei Castelli Romani. Scrittore con il romanzo “Tomàs” (2017), al quale segue “Vietato calpestare le rovine” (2019). Tra le sue opere “Cluster bomb” (2002), la partecipazione all’antologia di racconti su Roma “Allupa allupa” (2006), il testo teatrale “L’eredità” tradotto in portoghese e messo in scena a Rio de Janeiro (2006); ha realizzato con Christian Carmosino alcuni cortometraggi e il film-documentario “L’ora d’amore” (in concorso al III Festival Internazionale del Film di Roma, 2008), con Gianluca Solla ha scritto il breve saggio “Senza nome” (tradotto in spagnolo e pubblicato nell’edizione collettiva “Il impasse de lo politico, 2011); con Cosimo Calamini e Carmosino è autore della sceneggiatura “Emma e Maria” (finalista del Premio Solinas, 2014); è presente nell’antologia “Sorridi: siamo a Roma” (2016).