Votare o non votare? Un cittadino fedele alla sovranità popolare

di PIERFRANCESCO ROSSI – Una riflessione sul tema dell’astensionismo nel contesto del degrado politico e della caduta dei valori civili.


di PIER FRANCESCO ROSSI *

La data della tornata elettorale delle europee si avvicina rapidamente e nei media come sui social si percepisce un’atmosfera frizzantina tipica dei momenti di campagna elettorale. Quello che mi incuriosisce sul dibattito politico di questo frangente è l’attenzione che viene data al tema dell’astensione; non che nelle precedenti fasi elettorali non sia stato trattato l’argomento, ma in questa occasione ho trovato una singolarità sia nel modo in cui tale tema viene dibattuto, sia per il fatto che riguardi le europee, quando in genere il problema è sentito in particolare per le politiche o per alcune amministrative, di solito a carattere regionale.

Sui social in particolare, si moltiplicano le dichiarazioni o addirittura gli appelli all’astensione e obiettivo di questi annunci continui non è la solita sfiducia nella politica, ma si intende con il “non voto” di punire i “traditori”, togliere legittimità alle istituzioni, in questo caso quelle europee, sino ad esprimere una rappresentazione del proprio “io” elitaria e snob, che si eleva tra i “gonzi”, i “presi per il culo”, gli “idioti”, insomma quelli che si recano alle urne.

Questa onda, che sembra avere peculiarità tutte italiane, non riguarda l’intera offerta politica e si indirizza soprattutto verso quelle forze, che sono state classificate dai media come sovranisti. Tanto per non fare nomi, si tratta del partito di Salvini e di quello della Meloni. Tra i vari peccati che vengono loro attribuiti i più gettonati sono il tradimento della Lega concretizzatosi con il sostegno al governo Draghi ed al nefasto Greenpass, mentre per Fratelli d’Italia la maggiore colpa si è materializzata nell’appoggio incondizionato all’Ucraina ed alla debole azione di contrasto all’immigrazione clandestina.

Già dai temi oggetto delle contestazioni, con connesso invito all’astensione, si individua rapidamente l’orientamento politico dei detrattori; si tratta in parte, ma solo in parte di una frazione degli elettori dei 2 partiti e in parte da cittadini vicini o partecipanti al “mondo del dissenso”.

Comunque, tornando da dove siamo partiti, ovvero le elezioni europee, gli invocanti l’astensionismo, prevalentemente nei confronti di Lega e FdI, provengono dall’ampio gruppo dei critici alle politiche europee e alle stesse istituzioni europee.

Per dirla con la giusta enfasi, sono molto critico sia delle politiche europee sia dell’istituzioni europee, che sono lontane dalla sovranità popolare ed in conseguenza di questa situazione mi ritrovo con una domanda che mi perseguita: ma veramente questo “strano” astensionismo, invocato per le europee 2024, è un modo per esprimere un segnale di disapprovazione molto forte alla politica europea ed alle sue istituzioni?

Proprio mentre sto mettendo nero su bianco queste mie quattro righe, i social hanno partorito una brillante alternativa all’astensionismo: #VotoPutin è in tendenza su X. Si, esatto si tratta proprio di scrivere sulla scheda questo richiamo al leader russo, rendendo in questo modo il proprio voto nullo

Tale proposta sembra andare alla grande ed ha molte analogia con quell’altra grande trovata in voga alcune decine di anni fa, che consisteva nell’inserire nella scheda una fetta di salame accompagnata dalla scritta “mangiate anche questa”. Si trattava di uno spin fatto su misura per l’elettore non di sinistra e anticipando ciò, che decenni dopo sarebbe stato uno dei temi del grillismo. All’epoca l’elettorato di sinistra era immune ai richiami della protesta contro la cosi detta “mangiatoia”, perché dalle sue parti godevano della “superiorità morale”, consacrata dai magistrati di Tangentopoli, che stranamente lambirono solo marginalmente i progenitori degli attuali Dem; una delle inchieste più controverse fu quella del “signor G”.

Oggi lo spin si ripete con plateale richiamo a scrivere “votoPutin” sulla scheda per far si che potenziali elettori dell’area sovranista o del dissenso annullino il proprio voto ottenendo due piccioni con una fava; sostengno l’affluenza e sottrazione di potenziali voti ai concorrenti.

Tornando alla domanda ed alle conseguenze dell’astensione permettetemi di tediarvi con un’altra breve analisi.

Per quanto abbia una estrema diffidenza dei sondaggi, divenuti ormai uno strumento di propaganda, uno degli ultimi mostra che dal voto degli italiani la maggioranza Ursula, quella artefice delle attuali politiche europee, guadagnerebbe ben 5 deputati dall’esito del voto italiano.

E’ lecito ritenere che una più ampia astensione nel raggruppamento, che non ha sostenuto la Von der Leyen avrebbe come conseguenza un esito elettorale di approvazione verso l’attuale presidente, che ricordo fu eletta per soli 9 voti di scarto al termine di una lunga votazione; ricordo pure che i 9 voti sono pervenuti dai rappresentanti del M5S.

L’affluenza alle elezioni europee è stata di circa il 57% nel 2015 e di circa il 54,5% nelle elezioni scorse. Anche auspicando una riduzione dei partecipanti di portata eccezionale, che potrebbe portare la percentuale dei votanti al 45% o addirittura al 40%. Cosa pensate che potrebbe accadere? Il parlamento europeo sarebbe comunque eletto e questo nominerà un presidente di commissione pienamente legittimato e nella pienezza dei suoi poteri.

Non si avrebbe la messa in mora delle istituzioni europee, come qualcuno pontifica nel caso l’affluenza fosse inferiore al 50%, al contrario, si avrebbero i media a celebrare la conferma dell’attuale presidente ed a sottolineare il consenso per le politiche portate avanti. A subire il tracollo, colpiti dall’astensionismo, sarebbero i partiti detti “sovranisti” e sarebbero solamente quest’ultimi delegittimati a portare avanti istanze critiche verso l’attuale assetto dell’Unione europea. Di fatto un risultato opposto a quello prospettato dagli astensionisti.

Non ho certamente la sfera di cristallo, ma l’astensionismo non è un atteggiamento neutro, ha sempre delle conseguenze.

Contrariamente a quanto descritto, il problema dell’astensione sembra non porsi per gli elettori più o meno convinti della necessaria crescita del disegno europeo e per i partiti che sostengono questa linea con slogan inequivocabili come +Europa o Stati Uniti d’Europa; anzi in questo ambito la critica ha una natura completamente diversa ovvero si lamenta la lentezza dell’integrazione europea. Da questa parte non si registra, con attenzione ai social, nessun richiamo all’astensione; anzi il dibattito è ben canalizzato nel criticare i leader sovranisti additandoli di essere ostili al progresso.

Questa breve disamina di una sezione del mondo astensionista non ha certamente la pretesa di essere esaustiva, ha solo il proposito di mettere in evidenza un fenomeno già conosciuto, quello dell’astensionismo, ma che questa volta colpisce con modalità inusuali l’area dei sovranisti e, anche se non ne ho parlato, le formazioni del mondo del dissenso, che hanno trovato la via di presentare i propri candidati a questa tornata elettorale europea.

Capisco la disillusione per l’offerta politica da una parte e l’illusione di incidere con l’astensione dall’altra, ma votare, scegliere un campo è sempre il modo più efficace e corretto per dare un segnale sia di condivisione sia di critica. E questo è già accaduto. Il voto al partito di Grillo è stato comunque un segnale forte di contestazione del quadro politico, economico e sociale esistente; che poi la squadra di “improvvisati” inseriti in parlamento dal plebiscito popolare si sia rivelata controproducente rispetto alle aspettative degli elettori è un discorso che andrebbe affrontato in una opportuna trattazione.

Detto questo sarebbero da fare delle considerazioni sia sulla qualità della classe politica, che comunque è in buona parte conseguenza delle scelte degli elettori, sia sulle azioni messe in campo dal “potere” per condizionare l’opinione pubblica.

Nella mia esperienza personale quello che più mi colpisce è la perdita della capacità di mediare da parte delle persone, che si muovono come se la politica non fosse principalmente mediazione, anzi, lo ripeto: la politica è mediazione. Ormai le questioni sono trattate come bianco o nero e la rigidità consegue divisione; basta guardare ha ciò che ha prodotto il fronte alternativo della protesta, nel quale oggi rischiamo di contare più formazioni che elettori. Forse è il caso che l’Unità non sia solamente una strategia, ma assuma la connotazione di un valore. Questo atteggiamento spigoloso, esasperato dalla scarsità di occasioni di vera partecipazione, determina nei cittadini una difficoltà di approcciarsi alla realtà, che è inutile girarci intorno: è complessa. La demolizione della dialettica politica da una parte e la delegittimazione dei soggetti costituenti l’agorà democratico dall’altra ci sta trascinando lontano dallo Stato di Diritto verso un quadro dove tornano a prevalere in modo netto i rapporti di forza, la barbarie rispetto alla civiltà.

*Pier Francesco Rossi è vicepresidente dell’Associazione Culturale-Politica Madreterra Nostra di Pisa

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