di BEATRICE BARDELLI – La voce di Zelensky stasera al Festival di Sanremo, l’uomo che continua a chiedere armi anziché la pace.
Zelensky al Festival di Sanremo. Parlerà stasera, ultimo giorno del Festival, attraverso la voce di Amadeus che leggerà il suo messaggio. Il contenuto? A sorpresa…ma fino ad un certo punto perché è arcinoto che l’intraprendente presidente ucraino intende ottenere una sola cosa: armi, armi ed armi. Per sconfiggere il suo acerrimo nemico, Putin, e contro di lui riconquistare l’Oblast orientale del Donbass russofono che, nel maggio 2014, ha deciso tramite referendum, di tornare a far parte della Grande Madre Russia.
Il Festival di Sanremo ha raggiunto l’apice dell’ipocrisia e della diseducazione culturale oltreché costituzionale.
Infatti, è diventato una farsa tragicomica dopo che è stata accettata quella richiesta di dare spazio, visibilità e sostegno a Zelensky, il presidente di un Paese che non fa parte dell’Unione Europea e neppure della Nato ma che continua, imperterrito, a mendicare armi al mondo occidentale ed all’Italia per spargere sangue. Facendo uccidere i suoi giovani, i suoi militari, i suoi abitanti. Incurante e del tutto insensibile ed indifferente al fatto che, invocando guerra a 360 gradi e rifiutandosi di invocare pace ai Paesi con cui è in contatto quotidiano, prolunga l’agonia di un popolo di cui si sente il padrone assoluto ma che non gli appartiene umanamente anche se lo ha votato con convinzione nell’aprile 2019.
Un uomo di PACE?
Quando, nel dicembre 2018, all’apice della sua carriera di attore, Zelensky annunciò la sua candidatura alle elezioni presidenziali del marzo successivo, aveva già dal 2017 un suo partito dal nome molto accattivante “Servitore del popolo” che ricalcava il titolo di una serie televisiva, “Sluha Narodu”, prodotta da Kvartal 95 Studio di cui era fondatore dal 2003. In questa serie Zelensky interpretava il ruolo di un professore di Liceo che, stanco della corruzione politica, veniva eletto presidente dell’Ucraina. Non gli fu difficile vincere alle elezioni del 2019 dal momento che nel suo programma prometteva lotta alla corruzione, limitazione dello strapotere degli oligarchi e una sorta di equidistanza dell’Ucraina tra Russia e Stati Uniti.
Stranamente, proprio in questo periodo, la società Kvartal 95 registrò uno strano flusso di finanziamenti, gestiti attraverso società off-shore con sedi in paradisi fiscali, per la somma di 40 milioni di dollari. E contrariamente a quanto aveva promesso ai suoi elettori, secondo quanto emerso dai Pandora Papers, la più grande inchiesta giornalistica pubblicata a ottobre 2021 dal Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi, le transazioni a favore di Kvartal 95 sarebbero avvenute quando il potente uomo d’affari ed uno dei principali oligarchi dell’Ucraina, Igor Kolomojskij, dal triplo passaporto (ucraino, cipriota, israeliano) , era proprietario di PrivatBank, la più importante banca in Ucraina. Un supporter di “classe”. Di Kolomojskij si sa che è stato uno dei principali finanziatori dei gruppi paramilitari neonazisti ed ultra-nazionalisti che, nel 2014, hanno rovesciato il governo Janukovich in seguito a violente manifestazioni filoccidentali note con il nome di “Euromaidan”.
Questi gruppi paramilitari non sono formati da partigiani/patrioti ma sono battaglioni privati che ottengono finanziamenti da oligarchi e che sono stati accusati di crimini di guerra da parte di Amnesty International e dalle Nazioni Unite. A pag. 95 del preziosissimo libro d’inchiesta di Franco Fracassi (“Ucraina. Dal Donbass a Maidan”) si legge quanto riferitogli da un alto funzionario del ministero dell’Interno ucraino sul coinvolgimento diretto di Kolomojskij nella sanguinaria strage di civili bruciati vivi nella casa dei sindacati di Odessa il 2 maggio 2014: “Kolomojskij ha assegnato temporaneamente il suo battaglione privato “Dnepr-1” al comando dei funzionari della polizia a Odessa e inoltre ha autorizzato il pagamento in contanti di cinquemila dollari per ogni separatista filo-russo ucciso nell’operazione speciale”.
Un presidente imprenditore
La cosa “curiosa” è che il neopresidente Zelensky ha distribuito incarichi di governo ai SOCI di Kvartal 95, la sua società di intrattenimento. Ad esempio, Ivan Bakanov, ex direttore della società, è diventato il capo dei Servizi Segreti dell’Ucraina e Serhiy Shefir è stato nominato primo assistente del presidente Zelensky. Un governo, quindi, di intrattenitori che sanno bene manipolare e veicolare pro domo sua notizie e richieste perentorie, senza distinzione, sia che si tratti di apparizioni in tv, incontri con i capi di Stato dei vari Paesi del mondo che di invio di armi.
“The Show must go on”: tutto fa spettacolo per Zelensky non certo per il martoriato popolo ucraino. La Costituzione vilipesa. Un grande evviva al presidente della Repubblica italiano, Sergio Mattarella, a cui è stato dato l’onore storico di aprire il Festival di Sanremo per celebrare i 75 anni dell’entrata in vigore della Costituzione.
Nel palco d’onore Mattarella ha sorriso compiaciuto agli applausi scroscianti del pubblico. Nessun pentimento, nessun ripensamento a quanto fatto durante la pandemia. Lui che ha firmato seraficamente il Decreto-Legge n.6 del 23 febbraio 2020 che ha legittimato tutti i DPCM voluti dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nonostante questi fossero atti “amministrativi” (e non “legislativi”) che non potevano assolutamente intaccare le libertà fondamentali dei cittadini italiani garantite dalla Costituzione. Rinfreschiamoci la memoria. Il presidente Mattarella ha consentito con la sua firma che venissero lese, tra le altre: la libertà di circolazione (art. 16 Cost.), la libertà di riunione (art. 17 Cost.), la libertà religiosa (art. 19 Cost.), il diritto/dovere all’istruzione (art. 34 Cost.), la libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e persino la libertà personale di movimento (art. 13 Cost.). Davvero un grande presidente rispettoso della nostra Carta Costituzionale. Il compianto presidente Sandro Pertini non l’avrebbe mai fatto.
Applausi anche a Roberto Benigni che ha ricordato il grande valore civile e culturale della nostra Costituzione definendo l’art. 21 come il “pilastro di tutte le libertà”. Ricordiamo come inizia l’art. 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Dov’era Benigni quando i media nazionali allineati senza pudore ai diktat del duetto Conte/Draghi hanno massacrato in diretta medici e scienziati indipendenti che osavano mettere in dubbio l’efficacia e la sicurezza della punturina magica propagandata con il nome di vaccino antiCovid? Quanti morti si sarebbero potuto evitare? Quante vite si sarebbero potuto proteggere dai terribili effetti avversi che hanno segnato per sempre le esistenze di migliaia di cittadini? Dov’era Benigni quando gli italiani sono stati tacitati a forza e costretti a sottoporsi all’obbligo vaccinale sotto la minaccia della sospensione dal posto di lavoro in barba all’art.4 della Costituzione che recita: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”?
Una vergogna
La decisione del Festival di Sanremo di ospitare il presidente ucraino Zelensky sul palco dell’Ariston anche solo vocalmente, tramite la lettura del suo messaggio, grida vendetta proprio nel nome e nel rispetto, così televisivamente propagandato in questi giorni, della nostra Carta Costituzionale. Non voglio assolutamente entrare nella diatriba Zelensky/Putin per sostenere l’una o l’altra parte di una guerra feroce che sta mietendo vittime sull’uno e l’altro fronte. Vorrei partire dai principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale così esaltata in questi primi giorni del Festival di Sanremo per fare luce sul personaggio Zelensky e sulle scelte che il suo governo ha fatto nei confronti di quella parte della popolazione ucraina di lingua russa che si concentra nell’Oblast del Donbass per distruggerne l’identità.
Per fare un esempio nostrale: è come se il governo italiano volesse togliere l’identità ai cittadini dell’Alto Adige impedendogli di parlare il tedesco e distruggendo tutti i documenti redatti in tale lingua. Ebbene, è questo che ha fatto il governo Zelensky. Ognuno è libero di pensarla come vuole sulla guerra russo-ucraina ma i fatti che qui riporto sono veri e verificabili.
Zelensky: simbolo di democrazia (?)
Nel giugno dello scorso anno, 48 ore dopo il via libera della Commissione Europea alla candidatura dell’Ucraina all’Unione, il governo Zelensky ha approvato una legge che ha messo al bando tutti i libri e le opere musicali prodotti in Russia e Bielorussia. Una legge che ha inteso umiliare la popolazione ucraina di lingua russa, tra il 43 ed il 46 per cento secondo l’Enciclopedia Treccani, e che non rispetta la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che difende la libertà d’informazione ed il pluralismo culturale. Infatti, circa 100 milioni di “libri della propaganda russa” sono stati destinati al macero, tra questi le opere di Pushkin e Dostoyevsky, colpevoli di avere alimentato il “messianismo russo” ed aver favorito il diffondersi del “dominio della lingua russa”.
Una vera e propria operazione di “pu/olizia” culturale che fa seguito alla messa al bando, nel 2015, di tutti i partiti e simboli comunisti ed alla decisione dell’attuale presidente Zelensky, omaggiato in Europa e negli Stati Uniti come simbolo di democrazia, di mettere al bando altri 11 partiti ucraini di opposizione e porre sotto controllo del governo tutte le stazioni televisive. Altro che libertà di informazione sancita dalla nostra Costituzione!
Per non parlare della distruzione di tutti i simboli e monumenti ai grandi protagonisti della Madre Russia, a partire da Lenin e Pushkin, cui ha fatto da contrappunto la costruzione di statue a Stepan Bandera, leader dell’OUN, Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini di estrema destra, razzista, antisemita ed anticomunista che aveva cooperato con le forze naziste e partecipato all’Olocausto ucraino ed agli eccidi compiuti in Polonia durante l’occupazione tedesca. Per non parlare ancora del recente inserimento in una Necropoli virtuale di due comandanti di battaglioni di SS che hanno compiuto pogrom, ossia violente aggressioni, contro gli Ebrei.
Un presidente esemplare
E’ questo il presidente esemplare portato a simbolo di democrazia dal nostro governo, dal nostro Parlamento e dalla nostra TV di Stato? Non è una vergogna che l’Italia abbia già fornito all’Ucraina 5 pacchetti di aiuti nel campo della difesa per circa 1 miliardo di euro come ha riferito Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, in un’intervista al Corriere della sera, ed abbia approvato in questi giorni il sesto pacchetto confermando l’impegno del nostro Paese a sostenere la causa Zelensky fino alla fine dell’anno? Non è una vergogna che sia stato calpestato uno dei Principi Fondamentale della nostra Costituzione, l’articolo 11, che recita: “L’Italia ripudia la guerra […] come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali […]”?. Non è una vergogna che si spendano i soldi degli italiani in armi da inviare a questo fulgido esemplare di democrazia invece di investire le centinaia di milioni di euro in sanità ed istruzione che sono diventate le Cenerentole del nostro Paese? Non è una vergogna che un Festival canoro proponga all’attenzione degli europei, andando stasera in Eurovisione, il messaggio di un presidente che persegue la guerra come suo unico obiettivo e riscossa personale invece di proteggere il proprio popolo con la richiesta di un tavolo diplomatico internazionale che abbia lo scopo di risolvere il conflitto con gli strumenti della Pace?

Beatrice Bardelli, giornalista, vive a Pisa dove si è laureata alla Facoltà di Lettere in Lingua e Letteratura tedesca (indirizzo europeo). Iscritta all’O.d.g. della Toscana dal 1985, ha collaborato con numerose testate tra le quali Il Tirreno, Paese Sera, Il Secolo XIX, La Nazione e L’Unione Sarda. Si è occupata di cultura, spettacoli – teatro e cinema, ambiente, politica, società e salute. Dal 2000 attivamente impegnata nelle lotte dei vari movimenti e comitati a difesa dell’ambiente e della salute, dell’acqua pubblica e contro il nucleare, collabora con la Rete per la Costituzione.