Apriamo il nuovo mese della nostra rubrica “Cinema Tips” il 1 di Maggio, un giorno particolarmente importante a livello internazionale perché in diversi Paesi del Mondo si celebra la Festa del Lavoro. Tuttavia, ritenendo la situazione occupazionale giovanile e non solo in Italia piuttosto critica, per omaggiare questo giorno nella maniera meno drammatica possibile ho deciso di parlare di un vero e proprio capolavoro del cinema italiano: “Fantozzi”.
Oggi faccio riferimento al primo film, quello uscito nel 1975 e che fa da aprifila a una saga memorabile con protagonista il ragionier Ugo Fantozzi, magistralmente interpretato da Paolo Villaggio, il quale incarna alla perfezione il ruolo di quella maschera da lui stesso ideata nell’omonimo romanzo.
I temi, tuttavia, presenti in questa pellicola bene o male sono rintracciabili in tutta la saga. Prima di tutto il ritratto tragicomico di una società italiana da far invidia al feudalesimo, dove i padroni sono i direttori dell’azienda, interessati solo al proprio benessere, colmi d’ignoranza e di superiorità, che se ne fregano dei propri dipendenti, i quali, invece, sono gli schiavi, sfruttati per arricchire il capitale senza alcun benessere.
La grandiosità di un libro e poi di una sceneggiatura lo si vede, in questo esempio, da due punti di vista: il primo è che ogni personaggio presente nel film, anche il più secondario, è ben delineato con delle proprie caratteristiche fisiche e psicologiche e il confronto-scontro tra loro dà vita alla comicità amara di cui si connota il film; il secondo è che, nonostante siano passati quasi 45 (quarantacinque) anni, gli argomenti, cadenzati da una precisa sequenza di episodi che descrivono la situazione di un italiano medio, sono sempre di un’attualità spiazzante, che ci fa sorridere ma allo stesso tempo ci lascia uno spiraglio di riflessione su come sia grottesca e beffarda la quotidianità di una vita le cui giornate di lavoro in un’azienda si basano su una dignità spesso ferita e mai aiutata.
Tutta la saga di “Fantozzi”, insomma, con una lucidità disarmante, ci lascia tanti spunti su cui pensare a come andrebbe modellato il valore del lavoro che, invece, viene troppo spesso visto come un qualcosa che ci aiuta a sopravvivere, che arricchisce i lontani potenti che sembrano essere entità impossibili per noi, e non a vivere in maniera dignitosa, per non dire semplicemente bella. Oggigiorno noi giovani sembriamo affogare in una crisi sempre più critica e per costruire una famiglia siamo costretti a dover combattere per un piccolo spazio in questa società spietata.
Lorenzo Simonini è nato a Viareggio nel 1988. Iscritto al corso di laurea in Cinema e Produzione Multimediale alla Sapienza di Roma, si laurea a pieni voti nel 2014 all’Università di Pisa con una tesi di ricerca sul cineasta amatoriale Costantino Ceccarelli (sul quale pubblica un saggio nel 2015). Ha scritto e diretto cortometraggi e videoclip.