E’ FINITO IL COMPROMESSO STORICO (di Moreno Bucci)

7 novembre 2016

 Il PCI, che era il più forte dei partiti comunisti fuori dal blocco sovietico, dovette prendere atto di essere dentro l’area che ad Yalta venne destinata alle potenze occidentali, USA in primis.
 Nasce di lì il tentativo, pur stando fuori dal governo dopo il ritorno di De Gasperi dagli USA, nel ’47, di non isolarsi tentando di agganciare un rapporto con il mondo libero, che in Italia era sostanzialmente la DC e la platea cattolica.
 Quando, nel ’73, in seguito all’uccisione di Salvador Allende ed al golpe teleguidato dagli USA, Enrico Berlinguer formulò la teoria del compromesso storico, aveva alle spalle proprio questa consapevolezza: “Il senso più profondo della svolta stava nella necessità e nella volontà del partito comunista di fare i conti con tutta la storia italiana, e quindi anche con tutte le forze storiche (d’ispirazione socialista, cattolica e di altre ispirazioni democratiche) che erano presenti sulla scena del paese e che si battevano insieme a noi per la democrazia, per l’indipendenza del paese e per la sua unità”.
 A metà strada – era il 1962 – si può citare un passo delle “Tesi per il X° congresso del PCI” laddove si legge: “Oggi non si tratta più di superare le preclusioni e i settarismi che fanno ostacolo alla collaborazione di forze socialiste e di forze cattoliche, per ottenere risultati economici e politici immediati, Si tratta di comprendere come l’aspirazione a una società socialista non solo possa farsi strada in uomini che hanno una fede religiosa, ma che tale aspirazione può trovare in una sofferta coscienza religiosa uno stimolo di fronte ai drammatici problemi del mondo contemporaneo”.
 Dal 1976 al 1979 qualcosa in Italia andò in questa direzione. Ma i tempi non erano ancora maturi per tentare questa mediazione.
 Ci volle l’89, con la fine dell’esperienza comunista e poi la liquidazione dei vecchi partiti, avvenuta con la stagione di “mani pulite”, ed ancora nuovi esperimenti come l’Ulivo e la comune lotta contro il berlusconismo, per creare l’humus necessario per tentare di coagulare intorno ad uno stesso soggetto politico i resti del vecchio PCI – convertitisi comunque alla globalizzazione ed al mercato – e quello che restava della sinistra democristiana.
 Fu questo il campo che Veltroni cercò di arare con la nascita del Partito Democratico.
 Il resto è storia di questi anni.
 Veltroni, al primo intoppo, mollò tutto e l’amalgama non riuscì ad avanzare. Il ceppo post-comunista restò saldamente al comando, fino alla gestione della “non vittoria” del 2013, alla quale fece seguito la presa del potere di coloro che erano cresciuti in area cattolico-progressista.
 Questi ultimi non hanno più sentito il bisogno di contemperare le vecchie istanze post-comuniste, scioltesi nella gestione di un partito pienamente “borghese”, ma hanno fatto tabula rasa di tutto ciò, spingendo per l’affermazione di tesi e temi più direttamente legati alla tradizione cattolica.
 Sembra proprio giunto il momento di prendere atto che l’amalgama non è riuscito, a scapito dell’antica propensione comunista di legarsi al popolo cattolico più avanzato.