Green Pass, impressioni di settembre

di GIOVANNI BRUNO – Non vedo lesione della libertà nel far verificare – tramite Qr-Code- la momentanea idoneità a frequentare locali chiusi.

L’introduzione dal 1° settembre dell’obbligo di Green Pass per usufruire dei trasporti (treni, aerei, navi), ma soprattutto per l’accesso da parte di docenti e ATA nei locali di scuole e università, è diventato un argomento di discussione, divisione, polemica accesa rispetto alle inadempienze del governo nella gestione della pandemia.

Senza voler nascondere o disconoscere le contraddizioni che il Green Pass contiene, ritengo che esso risponda alla necessità di monitorare, nonché cercare di contrastare tramite un controllo capillare, la diffusione del virus.

Personalmente, non vedo lesione della libertà nel far verificare – tramite Qr-Code- la momentanea idoneità a frequentare locali chiusi (ristoranti, bar), mezzi di trasporto (pullman, treni, aerei, navi) o situazioni affollate (stadi o palestre) in quanto non positivi: che questo derivi dall’essere vaccinati, dall’essere guariti o dall’essere tamponanti con esito negativo non emerge dal controllo estemporaneo del GP.

Dopotutto, dopo le sbornie delle notti europee, un maggior rigore diventa auspicabile in vista dell’autunno e della ripresa generale delle attività produttive e soprattutto delle scuole.

Ecco, su questo si apriranno contenziosi che potrebbero distrarre da quelle che dovrebbero essere le effettive e ataviche problematiche della scuola pubblica italiana da affrontare: le minacce da parte del Ministro del MIUR Bianchi di pesanti ritorsioni sul personale scolastico che non esibisca (giorno per giorno) un GP valido (cosa che ritengo quantomeno opportuna, ma non risolvibile con ricatti e intimidazioni) hanno già sollevato reazioni di indignazione e di opposizione, ma i veri problemi della scuola restano le cosiddette “classi pollaio”, che sono confermate anche da Bianchi dopo Azzolina, la carenza di organico che non è stata risolta con la -dovuta- stabilizzazione di 112mila precari a fronte di una esigenza di almeno il doppio di personale docente (senza contare la necessità di personale ATA), la mancanza di aule e spazi adeguati …

Anche le risorse del PNRR, da molti attese come una panacea, saranno prevalentemente investite in progetti di digitalizzazione delle scuole, anziché in piani di rinnovamento e riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico.

Tutto questo ci dà la misura di come i reali problemi della scuola, amplificati e aggravati dalla pandemia, non solo non verranno affrontati nei prossimi mesi e anni, ma verranno rimossi da una mutazione genetica (questa sì) del sistema dell’istruzione che andrà verso la personalizzazione, l’individualizzazione e di fatto lo smantellamento dell’impianto collettivo e pubblico del diritto allo studio, universalmente garantito dalla Costituzione.

Perciò sarà necessaria una strenua difesa della scuola pubblica.

(foto: licenza pxhere – https://pxhere.com/it/photo/1017389 )