di ALDO BELLI – Il prefetto Gerlando Iorio ha istituito un laboratorio per capire e contrastare il disagio giovanile dopo il Covid.
Luigi Einaudi scriveva il 17 luglio 1944 che “democrazia e prefetto repugnano profondamente l’una all’altro”: sintetizzava così il rischio mortale del “tipo di governo accentrato, del quale è simbolo il prefetto” rivendicando la democrazia dei poteri locali liberamente eletti dai cittadini. Non è casuale che nella Costituzione italiana non esista la figura del prefetto. Anche se il Prefetto che abbiamo oggi di fronte in Italia è assai lontano dai timori di Einaudi.
Le Prefetture appartengono alla riforma dello Stato mai risolta in Italia. Come tutta la burocrazia pubblica, il pachiderma della democrazia. Inamovibile, riprodotta per clonazione, autoreferente, distaccata dai cittadini. Fino ad essere diventata il vero potere dello Stato. Nel caso delle Prefetture, il dilemma sulla loro funzione nell’organizzazione statale fu risolto con la sagacia di sagrestia (tipicamente italiana) rimasta negli annali con l’epigrafe ‘Riforma Bassanini”: tutto rimase uguale, però cambiò il nome, Prefettura-Ufficio territoriale del Governo (2004).
In Francia, la figura del Prefetto si rinviene nell’art.72 della Costituzione: rappresenta l’amministrazione dello Stato a livello territoriale. Lo Stato non è il Governo: si trattasse solo di una sottigliezza sarebbe poco, ma la distinzione è sostanziale in uno Stato moderno di diritto. Il Governo può rappresentare lo Stato, ma lo Stato non rappresenta mai il Governo. Il Governo è frutto del Parlamento e della sovranità popolare che si esprime politicamente con le elezioni; lo Stato, invece, prescinde dai verdetti elettorali e dal governante di turno, perché esercita la propria potestà a titolo originario.
Trasferendo il concetto di Einaudi ai nostri giorni, democrazia e prefetto repugnano profondamente l’una all’altro poiché il Prefetto non può contemporaneamente rappresentare il Governo e lo Stato; e neppure stare tra color che son sospesi in mezzo al magma dei poteri di Comuni Provincie Regioni, Commissari di Governo… Con il risultato finale di doversi occupare anche dei punti sulla patente per la violazione del Codice della Strada.
La democrazia è vitale per il popolo, ma di democrazia si può anche perire. E questo accade quando si perde il suo principio essenziale costituito dalla certezza delle funzioni dei vari organi dello Stato: se non c’è certezza (mentre si è generata la sovrapposizione) non esiste trasparenza delle azioni, e neppure l’efficienza della responsabilità di chi le compie. Accade così, che le Prefetture possano essere oggi considerate un grande carrozzone della burocrazia italiana; rispetto al quale si conserva sotto la cenere l’idea della sua soppressione: idea più volte materializzata in passato e poi lestamente abbandonata (e solo per pavidità politica).
Certo è, che questo carrozzone significa un ‘pezzo’ della burocrazia pubblica capillare sul territorio nazionale, composto da professionalità e competenze personali. E certo è anche, che in Italia c’è bisogno di un’autorità dello Stato che non può essere sopperita con la politica: i soggetti politici si possono amare o non amare, lo Stato si può solo amare perché il suo colore è quello di tutti i cittadini che lo compongono (in Italia non funziona così: questo è forse il suo maggiore guaio).
Il Prefetto rappresenta in Italia l’autorità provinciale di pubblica sicurezza, coordina l’attività delle forze dell’ordine (in caso di necessità può richiedere l’intervento dell’esercito), ha il ruolo di mediazione nelle vertenze sindacali al fine di garantire l’erogazione dei servizi pubblici essenziali, può avviare la procedura per lo scioglimento dei consigli comunali e di proporre al ministro dell’Interno la rimozione del sindaco, di consiglieri e assessori quando compiano atti contrari alla legge, può ordinare ispezioni che accertino il regolare funzionamento dei servizi resi dal sindaco quale ufficiale di governo.
L’immagine che emerge è solo quella dello Stato “punitivo”: incluso i punti sulla patente, come se non esistesse già la Motorizzazione Civile o il Giudice di Pace; e dello Stato “vago” (l’ispezione dei servizi resi dal sindaco…), come se la cattiva gestione di un servizio comunale o l’arbitrio di un sindaco non fossero già regolati dalla legge di fronte ad un giudice ordinario o della magistratura contabile.
I primi a soffrire del paradosso istituzionale sono i Prefetti ed i loro funzionari. Quelli, ben inteso, che si sentono servitori dello Stato (giacché non sfugge alla realtà l’inevitabile categoria umana sensibile più al potere che sta sopra dal quale dipende la propria carriera, che al potere di quanti stanno sotto, i cittadini). A soffrire è il Paese, perché in questo caos di titoli e ruoli e competenze presenti sul territorio, il semplice cittadino finisce per non vedere da nessuna parte lo Stato: il “santo” superiore e imparziale al quale rivolgersi. E quando non esiste un “santo” per tutti, finisce che ciascuno cerca di votarsi a un proprio ‘santo’: la corruzione, anche la più banale, nasce in questo modo, pure in una democrazia.
Mi è venuta spontanea questa riflessione, apprendendo l’iniziativa promossa dal prefetto di Pistoia. Il dottor Gerlando Iorio ha istituito un “Laboratorio per il confronto sul disagio giovanile”, con il fine di favorire lo sviluppo di iniziative territoriali volte a prevenire e contrastare i rischi derivanti dall’utilizzo improprio dei social media, le forme di disagio giovanile come il bullismo, le dipendenze, nonché le forme di marginalizzazione e di dispersione scolastica.
Il Prefetto Iorio ha riunito intorno ad un tavolo i vertici istituzionali della Provincia e del Comune di Pistoia, dell’Ufficio Scolastico Provinciale, della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, delle Società della Salute e Ser.D di Pistoia e della Valdinievole e della Consulta Provinciale degli Studenti. L’obiettivo è capire cosa si muove sul territorio e coinvolgere i giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni. Una forma di ascolto dello Stato di fronte alle marginalità emerse provocate dall’emergenza Covid-19. Il Laboratorio si avvarrà anche del contributo e della partecipazione delle forze di polizia.
Ascoltare sì. L’Italia ha fame di uno Stato che sia capace di ascoltare. Perché l’ascolto è il primo atto di ogni possibile dialogo: soprattutto nei confronti di coloro che hanno smarrito il dialogo con lo Stato, o non l’hanno mai avuto se non nella sua forma negativa. Lo Stato per essere vivo si deve poter toccare con mano. E un Prefetto che vuole ascoltare i giovani e dialogare con loro rappresenta un esempio di quel Prefetto rappresentante dello Stato sul territorio: del quale ha bisogno il Paese.
Gerlando Iorio vanta una lunga carriera sul campo: dall’emergenza alluvionale del 1994 ad Alessandria, al contrasto dei roghi dei rifiuti in Campania, commissario straordinario in Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa, Premio nazionale Don Peppe Diana per la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, ha diretto l’Ufficio relazioni parlamentari dell’Ufficio Affari legislativi e relazioni parlamentari del Ministero dell’Interno. E’ prefetto di Pistoia dal 14 aprile 2020.
(foto: Il prefetto Gerlando Iorio durante la conferenza del 10 giugno 2021 – fonte: Prefettura Pistoia)
