di BEATRICE BARDELLI – Intervista. I dati statistici e scientifici, la campagna per i vaccini anti-Covid non deve nascondere la verità
Mia madre mi diceva sempre: “La gatta furiosa fece i gattini ciechi”. Antica saggezza dei nostri avi che, tuttavia, vale anche al giorno d’oggi. In questi giorni si sta facendo sempre più pressante la propaganda main stream a sostegno della vaccinazione antiCovid-19. Una propaganda che esalta tout court i benefici della scelta vaccinale che viene presentata quasi come un “dovere sociale” che tutti dovrebbero assolvere, a partire dal personale sanitario. Per dare il buon esempio. Peccato che non vengano mai comunicati, o meglio, vengano deliberatamente taciuti tutti quei dati, davvero inquietanti, che, se resi noti pubblicamente, provocherebbero nei cittadini italiani una immediata reazione di diffidenza, se non di rifiuto assoluto, nei confronti non della vaccinazione in quanto tale ma nei confronti di “questi” vaccini antiCovid-19. Realizzati in pochissimi mesi e messi in commercio frettolosamente (in procedura d’emergenza come mai era successo prima d’ora) per sedare un’ansia da prestazione di natura unicamente politica. Non certamente scientifica.
Per dare, quindi, la possibilità di conoscere una diversa chiave di lettura sui dati, reali e ben documentati, relativi, in generale, ai vaccini antiCovid-19 ed in particolare al vaccino della Pfizer-BioNtec, che in Italia è già in fase di somministrazione, ho voluto intervistare un medico molto noto per il suo rigore scientifico, esperto della materia e qualificato studioso degli effetti delle vaccinazioni nella prima infanzia. Il dottor Eugenio Serravalle, pediatra, fondatore di AsSIS (Associazione di Studi ed Informazione sulla Salute) è stato relatore in numerosi convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni ed è autore di numerosi testi sullo stesso tema. L’ultimo in ordine di tempo, realizzato a quattro mani con Roberto Volpi (statistico ed autore, tra l’altro, di saggi di politica sanitaria, epidemiologia e sistemi informativi) e pubblicato nel giugno 2020 dalla casa editrice “Il leone verde”, si intitola “Coronavirus – COVID-19 — No! Non è andato tutto bene”.
L’intervista al dottor Serravalle
I TIPI DI VACCINO
D. Il vaccino Pfizer che l’Italia ha scelto per la sua campagna di vaccinazioni anti-Covid è un vaccino mRNA che in biologia è la sigla con cui viene indicato l’acido ribonucleico messaggero, o RNA messaggero, in inglese messenger RNA. E’ diverso dagli altri vaccini?
R. Ad oggi, esistono decine di candidati vaccini COVID-19 in fase di sviluppo clinico e molti di più in sviluppo preclinico. Si possono suddividere in: 1) Vaccini che utilizzano particelle virali di SARS-CoV-2 inattivate chimicamente, come quelli sviluppati in India (Covaxin della Bharat Biotech) e tre sviluppati in Cina (BBIBP-CorV del Bejijing Institute of Biological Products, il vaccino della Sinovach Biotech e quello messo a punto dal Wuhan Institute of Biological Products). 2) Vaccini che utilizzano virus innocui non inattivati e modificati geneticamente, gli adenovirus nei quali viene inserito un pezzo di RNA che codifica la proteina “spike” di SARS-CoV-2. L’adenovirus infetta le cellule umane ed induce nelle cellule infettate la produzione della proteina “spike” e promuove la risposta del sistema immunitario verso questa proteina. Sono di questo tipo diversi vaccini: ChAdOx1 della AstraZeneca (Svezia) in collaborazione con l’Università di Oxford (Inghilterra) e IRBM (Italia); GRAd-COV2 della ReiThera in collaborazione con l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Spallanzani (Italia); Sputnik 5, del Gamaleya Res Ist (Russia); Ad26COVs1, della Johnson&Johnson (USA). 5) Ad5-nCov, della CanSino Biologicals (Cina). 3) Vaccini che utilizzano direttamente la proteina “spike” di SARS-CoV-2, di solito in associazione con un adiuvante come 1) NVX-CoV2373 della Novavax (Maryland, USA) in collaborazione con Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI, Norvegia), 2) COVAX19 della Vaxine (Australia). 4) Vaccini che utilizzano RNA codificante per la proteina “spike”: Iin questi vaccini l’RNA è protetto e portato all’interno delle cellule umane attraverso delle microvescicole lipidiche che inglobano l’RNA. Hanno processi di produzione più rapidi e per questo sono i primi ad essere distribuiti: BNT162b2 della Pfizer (USA) in collaborazione con la BioNTech (Germania); mRNA-1273 della Moderna in collaborazione con l’istituto governativo NIH di Bethesda (Maryland, USA).
IL TEST SU 44.000 PERSONE
D. Quanti sono stati gli studi fatti per testarne efficacia e sicurezza e quali sono stati i risultati?
R. Il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) della Pfizer è stato valutato nel corso di ricerche svolte in sei paesi (Stati Uniti, Germania, Brasile, Argentina, Sudafrica e Turchia) con la partecipazione di oltre 44.000 persone. La metà dei partecipanti ha ricevuto il vaccino, l’altra metà ha ricevuto un placebo. L’efficacia è stata calcolata su oltre 36.000 persone a partire dai 16 anni di età che non presentavano segni di precedente infezione. Si sono verificati 8 casi di Covid su 18.198 sperimentatori che avevano ricevuto il vaccino rispetto ai 162 casi sui 18.325 che avevano ricevuto il placebo. L’efficacia è stata dimostrata dopo una settimana dalla seconda dose, non prima.
I DATI DI EFFICACIA DEL VACCINO SUI CASI GRAVI E’ MODESTO
D. Quand’è che un vaccino viene dichiarato “efficace”?
R. Può sembrare abbastanza ovvio perché l’obiettivo principale di un vaccino anti Covid-19 è impedire alle persone di ammalarsi e morire. Peter Hotez, decano della National School of Tropical Medicine del Baylor College of Medicine di Houston, ha affermato: “Idealmente, vuoi che il vaccino faccia due cose [. .] in primo luogo, ridurre la probabilità di ammalarsi gravemente e andare in ospedale e, in secondo luogo, prevenire l’infezione e quindi interrompere la trasmissione della malattia”.
Se è vero, quindi, il principio che il vaccino ideale deve salvare le vite, tuttavia, come ha rilevato Peter Doshi, associate editor del British Medical Journal dove ha pubblicato il suo editoriale dedicato ai vaccini per il Covid: gli studi in fase III di sperimentazione in corso non sono effettivamente impostati per dimostrare questi due assunti. Nessuna sperimentazione è progettata per valutare l’effetto del vaccino sui ricoveri ospedalieri, sui ricoveri in terapia intensiva o sulla morte dell’ammalato.
Gli attuali studi in corso hanno come endpoint (“fine”, n.d.r.) primario l’efficacia nella prevenzione dell’infezione di Covid-19 di qualsiasi gravità piuttosto che sui casi gravi di malattia. I protocolli contemplano, tra i sintomi, tosse, febbre, cefalea e dolore alla gola associati alla positività al tampone con PCR. Non sono contemplati quindi i sintomi delle forme cliniche più gravi, che richiedono l’ospedalizzazione. Gli studi sembrano progettati per rispondere alla domanda più semplice nel minor tempo possibile, non alle domande clinicamente più rilevanti.
L’ospedalizzazione dei casi sintomatici è pari al 3,4% dei casi totali, secondo quanto riportato dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie alla fine di aprile, con ampie oscillazioni: dall’1,7% nella fascia di età 0-49 anni e dal 4,5% nella fascia di età 50-64 anni al 7,4% in quella di 65 anni e oltre. Poiché la maggior parte delle persone con Covid-19 sintomatico manifesta solo sintomi lievi, anche studi che coinvolgano 30.000 o più pazienti presenterebbero relativamente pochi casi di malattia grave. Pertanto, i dati di efficacia del vaccino sulle forme gravi di Covid-19 sono molto modesti, essendo improbabile che queste si verifichino in numero significativo negli studi in corso.
LA DURATA DEL VACCINO
D. Chi dovrebbe tutelare per primo un vaccino, per così dire, “ideale”?
R. Il vaccino ideale deve tutelare anziani fragili, immunodepressi, bambini. Altro interrogativo posto da Doshi riguarda i soggetti su cui si sta svolgendo la sperimentazione, se siano, cioè, presenti o meno soggetti a rischio. I protocolli di studio propongono questa intenzione, ma l’impressione è che i vaccini vengano testati su persone a basso rischio di contrarre la Covid-19 e anche a basso rischio di sviluppare una malattia grave. Proprio le fasce di popolazione che avrebbero più bisogno della immunizzazione non sarebbero adeguatamente rappresentate. Infine, non sappiamo nulla della performance del vaccino a 3, 6 e 12 mesi, cioè non è possibile determinare la durata della protezione conferita. Se fosse raggiunto l’obiettivo di una protezione della durata di un anno, significherebbe che occorre vaccinarsi ogni anno, come con l’antinfluenzale stagionale…
GLI EFFETTI A LUNGO TERMINE
D. Si sono verificate reazioni avverse?
R. Le reazioni avverse riportate dagli studi sono frequenti (più di 1 persona su 10) e in genere di entità lieve o moderata e si sono risolte entro pochi giorni dalla vaccinazione: dolore e gonfiore nel sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolore ai muscoli e alle articolazioni, brividi e febbre. Arrossamento nel sito di iniezione e nausea si sono verificati in meno di 1 persona su 10. Prurito nel sito di iniezione, dolore agli arti, ingrossamento dei linfonodi, difficoltà ad addormentarsi e sensazione di malessere sono stati effetti non comuni, che hanno interessato meno di 1 persona su 100. La paralisi di Bell, un tipo di paralisi facciale periferica acuta si è verificata in 1 persona su 1000. Nei Paesi dove è stata avviata la somministrazione di massa del vaccino sono cominciate anche le segnalazioni delle reazioni avverse più significative, comprese le reazioni allergiche acute (shock anafilattico). Ovviamente non si conoscono gli effetti a medio-lungo termine perché la sperimentazione si è conclusa dopo solo 2 mesi…
NON CI SONO DATI PER DIRE CHE I VACCINATI NON SIANO CONTAGIOSI
D. Se, come è stato ammesso a livello mondiale, le conoscenze delle caratteristiche di questo virus sono ancora incomplete, è corretto sostenere che questi vaccini anti-Covid immessi sul mercato sono efficaci per prevenire la malattia e/o non trasmettere il virus?
R. L’immunità di gregge (o immunità di comunità) è un meccanismo fondamentale per azzerare la trasmissione di malattie infettive che si diffondono da persona a persona. Se la grande maggioranza degli individui è vaccinata o ha avuto l’infezione, la circolazione del microorganismo si riduce se le persone vaccinate non ospitano il virus e rappresentano una barriera che protegge anche coloro che non sono vaccinati. Ad oggi non ci sono dati per poter affermare che i vaccinati non siano contagiosi per gli altri, e che pertanto potranno bloccare la diffusione del virus.
D. Questi vaccini anti-Covid hanno già o avranno da parte dell’EMA europea una autorizzazione al commercio in procedura di emergenza senza averne avuto ancora l’approvazione ufficiale ma solo una “autorizzazione condizionata” per un anno richiesta dalle case farmaceutiche perché ancora i dati scientifici sono incompleti. E’ una prassi regolare?
R. I nuovi vaccini hanno/avranno un’autorizzazione al commercio in procedura d’emergenza. Lo hanno fatto la FDA (Food and Drug Administration) negli USA e l’EMA (Agenzia europea per i medicinali) in Europa. Solo in seguito vi sarà l’approvazione di EMA e FDA. Rispetto agli standard dei vecchi vaccini, le sperimentazioni per i vaccini antiCovid-19 si sono svolte con tempi molto brevi giustificati dall’urgenza e dalla gravità della pandemia, dalle nuove tecnologie utilizzate e dall’enorme erogazione di fondi pubblici. L’EMA, infatti, ha ridotto di 10 volte i tempi generali di istruttoria per esprimere un parere (delibera Ema/213341/2020), a partire dalla richiesta delle case farmaceutiche di formale autorizzazione, ed ha dato una ‘autorizzazione condizionata’ (regolamento CE 507/2006) per un anno, consentita – non solo per i vaccini – anche se i dati scientifici presentati sono incompleti, purché i produttori li forniscano in seguito e si impegnino a una ‘farmaco vigilanza’.
PERCHE’ SONO CONTRARIO ALL’OBBLIGO VACCINALE
D. Alla luce di quanto detto sopra, può meravigliare che ci siano persone che rimangono perplesse di fronte alla campagna in atto in Italia a sostegno di una vaccinazione di massa? Non crede che vaccinarsi non debba essere un “atto di fede” ma una “scelta consapevole”?
R. Sono assolutamente contrario all’obbligo vaccinale e a qualsiasi “penalizzazione” per chi non si vaccinerà. Un vaccino contro il SARS-CoV-2 dovrebbe tra l’altro impedirne la trasmissione, ma non tutti gli studi hanno sinora valutato questo aspetto, anche se la 1a dose del vaccino Moderna pare riduca del 63% le infezioni asintomatiche, e il vaccino di AstraZeneca/Oxford (se con 1a dose bassa) le ridurrebbe del 59%. Dunque, almeno alcuni dei vaccini ridurrebbero le infezioni asintomatiche, ma senza evitarle, e una quota di vaccinati possono continuare a trasmettere il virus come è dimostrato per altre infezioni, ad esempio nella pertosse, in cui il vaccino attenua o evita la malattia in chi lo fa, ma non evita la colonizzazione e trasmissione. AIFA ha ricordato che “ancora non sappiamo in maniera definitiva se la vaccinazione impedisce solo la manifestazione della malattia o anche il trasmettersi dell’infezione” e inoltre “vi sarà sempre una porzione di vaccinati che non svilupperà la difesa immunitaria”. A oggi non si può dunque affermare che la vaccinazione produrrà immunità di gregge e, già per questo, le proposte di renderla obbligatoria confliggerebbero con la sentenza n. 258/94 della Corte Costituzionale.
D. Ce la vuole ricordare?
R. La Corte Costituzionale afferma, come primo requisito per leggi sull’obbligo di vaccinazioni che ci sarebbe compatibilità con l’art. 32 della Costituzione “se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”, oltre che “non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato”, salvo che per sole conseguenze temporanee e di scarsa entità. In tema di effetti avversi, però, conosciamo solo alcuni di quelli rari, e quelli a breve termine. Nello studio di fase 2 per il vaccino Moderna, con soli 40 soggetti adulti, e quindi con una precisione molto bassa, nei primi 7 giorni gli eventi gravi sistemici sono stati il 10% (con intervallo di confidenza 0,3%-44,5%), i gravi locali il 6,7% (0,2%-31,9%). La sorveglianza attiva in atto per le prime somministrazioni nel Regno Unito con il vaccino Pfizer riporta invece il 2,8% circa di eventi gravi, definiti da temporanea inabilità a svolgere le normali attività giornaliere, a lavorare, con richiesta di assistenza da un medico od operatore sanitario.
Le conoscenze attuali, dunque, non soddisfano appieno due vincoli posti dalla Corte Costituzionale. Quand’anche li soddisfacessero, resta che la somministrazione di un nuovo vaccino alla popolazione è la cosiddetta fase 4 della sperimentazione, legittima se soddisfa anche l’eticità, il cui primo formale requisito è la partecipazione volontaria, senza forzature o penalità per chi non intendesse partecipare. Bene fa dunque il Governo a non prevedere un obbligo vaccinale
Riferimenti bibliografici:
- AsSIS:
- Corte Costituzionale, Sentenza n. 258 del 1994:
https://www.comilva.org/sites/default/files/uploads/2014/09/CC_S_258_19940620.pdf
- Peter Doshi:
https://www.bmj.com/content/371/bmj.m4037
https://www.bmj.com/content/371/bmj.m4058

Beatrice Bardelli, giornalista, vive a Pisa dove si è laureata alla Facoltà di Lettere in Lingua e Letteratura tedesca (indirizzo europeo). Iscritta all’O.d.g. della Toscana dal 1985, ha collaborato con numerose testate tra le quali Il Tirreno, Paese Sera, Il Secolo XIX, La Nazione e L’Unione Sarda. Si è occupata di cultura, spettacoli – teatro e cinema, ambiente, politica, società e salute. Dal 2000 attivamente impegnata nelle lotte dei vari movimenti e comitati a difesa dell’ambiente e della salute, dell’acqua pubblica e contro il nucleare, collabora con la Rete per la Costituzione.