L’8 settembre non fu la morte della Patria

di BRUNO POSSENTI. L’ex sindaco di Calci e attuale presidente provinciale dell’ANPI di Pisa ricorda per Toscana Today la storica data

L’8 settembre non fu la morte della Patria. Così inizia il breve ma intenso articolo di Bruno Possenti, già sindaco di Calci (Pisa) ed attuale presidente provinciale dell’ANPI di Pisa, per ricordare a tutti ma soprattutto alle giovani generazioni cosa significa questa data storica, l’8 settembre 1943, per gli italiani di ieri e gli italiani di oggi. Un monito per non dimenticare mai. (B.B.)


di Bruno Possenti

La sera dell’8 settembre 1943 gli italiani seppero dalla radio che era stato firmato l’armistizio. Alle prime luci dell’alba del 9, il re, la corte, Badoglio, i vertici militari lasciarono Roma per Pescara. E da qui per Brindisi. La capitale fu abbandonata senza difesa. Le divisioni dell’esercito dislocate sul territorio nazionale, in Francia, in Jugoslavia, in Grecia rimasero senza ordini. Ci fu sbandamento generale, desiderio di abbandonare tutto e tornare a casa. Le armate tedesche occuparono buona parte del suolo nazionale senza incontrare resistenza. Ci fu anche un’altra Italia. Un’Italia che non fuggì. Gli antifascisti che rientrarono dall’esilio e dal confino, che uscirono dalle carceri, i giovani storditi dalla propaganda del regime che presero coscienza non aspettarono ordini dall’alto.

A Piombino, a Porta San Paolo, a Gorizia, a Trieste, a Savona ci furono rivolte popolari contro l’invasore. A Cefalonia i militari della Divisione Acqui, privi di qualsiasi disposizione, decisero di non arrendersi ai tedeschi. Ne morirono 10.000. A Pisa ci fu l’eroismo del Maggiore Gamerra e dei suoi commilitoni. I 650.000 militari deportati in Germania che non accettarono di piegare la testa pagarono il prezzo durissimo riservato agli “internati”. In 50.000 non tornarono. I giovani che non vollero arruolarsi con la Repubblica di Salò affrontarono il rischio della fucilazione riservato ai renitenti alla leva.

Da qui nacque la Resistenza. Con l’8 settembre ci fu il crollo delle istituzioni e di una classe politica. Ma ci fu una reazione, in alcuni casi immediata, in altri progressiva, che contribuì a liberare il Paese dalla occupazione tedesca e dalla dittatura fascista. A ridare all’Italia dignità. A costruire sulle rovine del fascismo un difficile percorso verso la democrazia.

L’8 settembre non fu la morte della Patria.