di ALDO LASAGNA – Sarebbe opportuno e utile ritornare alle origini del diritto di asilo e allo spirito dei nostri Padri Costituenti.
Le recenti polemiche politiche ed il dibattito Parlamentare incentrato sui provvedimenti maggiormente contestati sul tema dell’immigrazione rendono opportuno uno sguardo d’insieme sull’istituto della cosiddetta ‘Protezione Internazionale’.
Si tratta di uno strumento di tutela disciplinato dalle fonti del Diritto Internazionale e dalle normative del Diritto interno, nei confronti dei soggetti meritevoli di accoglienza ed ospitalità, in quanto titolari dei fondamentali ed inderogabili diritti umani definiti da un autorevole giurista quali insopprimibili ed ‘essenziali bisogni’ dell’Uomo.
Con tale termine in realtà, si riconoscono almeno 3 istituti giuridici, diversi tra loro e di non sempre agevole collocazione, tra i quali assume rilievo il Diritto di asilo che trova un compiuto rilievo Costituzionale, laddove l’Art.10 della nostra Carta, nello sforzo di adeguare ed armonizzare il nostro Ordinamento alle ‘Norme del Diritto Internazionale generalmente riconosciute’ prevede l’esercizio di tale diritto per lo straniero al quale non sono riconosciute le libertà fondamentali nel proprio Paese; e che può godere, quindi, dello ‘Status’ di rifugiato, secondo i dettami della ben nota e successiva Convenzione di Ginevra del 1951 ed altre fonti analoghe.
Si tratta di una novità di assoluto rilievo, introdotta dai nostri Costituenti che vollero ispirarsi alle figure degli esuli che sfuggivano alle persecuzioni del regime Fascista e che non consta, come pare, di altre analoghe applicazioni nelle Carte fondamentali di altri Paesi. Proprio in tal senso, tale considerazione si presta ad una prima osservazione, che può assumere un rilievo critico nei confronti dei legislatori successivi, che non hanno voluto ispirarsi, soprattutto in tempi recenti, alle figure del migrante economico, o per necessità di vita, per cosi dire: che per questo, nelle loro scelte politiche di fondo, hanno voluto contrapporre varie legislazioni ispirate più al timore che si potessero favorire od agevolare gli ‘Anti-Cittadini’ rispetto a chi da tempo aveva acquisito lo ‘Status’ di Cittadino, come nelle parole di un noto antropologo.
Tale istituto può trovare applicazione per gli apolidi o gli stranieri, che subiscono ‘atti persecutori’ nel Paese d’origine, o di ultima residenza, ovvero che si traducano in ‘gravi violazioni’ dei diritti umani, a causa delle condizioni etniche, dell’aderenza al credo religioso, del sesso ed altro. Da notare che tali comportamenti possono consistere pure nel compimento di atti giurisdizionali o in provvedimenti di Legge, che determinino uno stato di soggezione o di menomazione nell’esercizio dei diritti, cosi come in atti di costrizioni all’asservimento dell’obbligo di leva o nell’impiego in azioni militari per un Paese in stato di guerra. Da notare che tra le ragioni di esclusione di tale riconoscimento o per la sua negazione, vi è l’eventuale condanna per reati comuni nei paesi di provenienza, o la qualifica di Criminale’ Internazionale per il pronunciamento delle Corti Internazionali
Il secondo livello di protezione eventualmente accordato, è previsto da norme di Diritto interno, che si sono conformate al Diritto Trans-nazionale e consiste nella cosiddetta ‘Protezione sussidiaria’, riconosciuta a chi pur non subendo o non potendo provare la sussistenza di gravi violazioni nei Diritti fondamentali, qualora corresse il rischio di tornare nel paese originario, potrebbe subire un ‘Grave danno’. Nel passato recente si sono rinvenute le condizioni per un tale riconoscimento, nella condizione dei minori sbarcati sulle nostre spiagge in seguito ad un naufragio, privi di accompagnamento o nella situazioni di coloro i quali, sfuggivano da situazioni locali, in cui l’emergenza climatica creava condizioni di vita insopportabili o in stati di natura in cui imperversavano epidemie
Otre alle due fattispecie sopra evidenziate, la nostra Legislazione prevede un ‘ulteriore forma di sostegno per lo straniero che versa in situazione di difficoltà, il cui stato però non risulti cosi gravoso da richiedere il riconoscimento del Diritto d’Asilo né la concessione della protezione sussidiaria. Per la verità tale misura, il permesso per ragioni’ umanitarie’, era previsto in una specifica disposizione del testo unico sull’Immigrazione del 1998 ed accordato con una certa frequenza dagli uffici preposti, nel caso di specie dalle Questure, prima della sua abrogazione, attuata all’epoca del primo Governo Conte, con l’entrata in vigore dei cosiddetti ‘Decreti Salvini’ contenenti le ben note misure sulla sicurezza e sull”Immigrazione e convertite con la Legge approvata il 28.11.2020. Tali norme hanno di fatto abolito, come accennato, i cosiddetti ‘Permessi umanitari’ introducendo, per contraltare, la facoltà di concedere permessi di soggiorno a carattere temporaneo, per ragioni ben specifiche e motivate, tra cui:
- un permesso particolare per sottoporsi a cure mediche
- permesso per gli stranieri che provengano da Paesi colpiti da un non ben precisato stato di ‘grave calamita’
- permesso accordato a chi compie gesti o azioni di ‘particolare valore civile’
- permesso per casi di ‘protezione sociale’ come a chi sfugge alle maglie della criminalita’ o si sottrae a pratiche di sfruttamento della prostituzione
- permesso per le vittime di violenza domestica, ovvero per chi risulta vittima di abusi familiari
- permesso per chi denuncia casi di sfruttamento di manodopera clandestina o comunque lavorativo
Da qui l’emergere di nuove polemiche, come all’inizio descritto, con la decisione dell’attuale maggioranza palamentare di varare quanto prima norme ulteriormente restrittive ed in grado di restringere la portata e l’applicabilità di tali permessi ‘Speciali’
Certo e’, che ben lontano appare, in questi tempi comunque bui, l’auspicio di Hanna Arendt, allorquando declamava “Non chiamateci profughi, bensì nuovi arrivati”….
Aldo Lasagna è avvocato penalista, esercita a Viareggio.