di ALDO BELLI – La vicenda riguardante l’ex sovrintendente Bianchi fa emergere una situazione che può allargarsi a tutti i Teatri in Italia.
L’iniziativa della Corte dei Conti Toscana riguarda un fatto specifico, ma come spesso accade nelle inchieste giudiziarie e nelle sentenze, impatta su un tema più generale: quello degli incarichi professionali affidati all’esterno nella pubblica amministrazione, e quindi anche nelle Fondazioni Lirico Sinfoniche o in quelle comunque soggette al controllo pubblico considerate dal Mibact nella categoria dei Festival e dei Teatri di Prosa.
Il giudizio avviato a Firenze riguarda l’ex commissario straordinario del Maggio Musicale, Francesco Bianchi (in carica dal 2013 al 2014) e una funzionaria dell’ente. Il reato è un danno erariale di 40.000 euro. Le motivazioni: un incarico conferito dal commissario straordinario, relativamente ad un’attività di consulenza nella trattativa legata alla disdetta del contratto integrativo ed al piano industriale aziendale.
La regola, ormai consolidata da tempo, fa divieto ad un’amministrazione pubblica di conferire incarichi esterni all’ente, quando al suo interno vi siano figure professionali e la competenza per svolgere il medesimo incarico.
Secondo la magistratura contabile, l’ex commissario straordinario del Maggio Musicale non avrebbe utilizzato le risorse umane – adeguate all’oggetto dell’incarico – presenti all’interno della Fondazione: e quindi, provocato un danno patrimoniale. L’incarico assegnato al consulente sarebbe stato inoltre generico ed indeterminato, e l’ex commissario straordinario (insieme alla funzionaria, si desume probabilmente responsabile del procedimento) avrebbe anche omesso di verificare a posteriori le attività effettivamente svolte dal consulente incaricato, tenendo conto anche della congruità del suo compenso.
Gli indagati avranno modo di difendersi, e per noi rimangono non colpevoli di reato fino a prova contraria del tribunale. Non avendo a disposizione le carte, ci è impossibile esprimere anche solo un’opinione. Ciò che, invece, possiamo accogliere con civile partecipazione di apprezzamento è che la Corte dei Conti prosegua a vigilare sulla corretta gestione del denaro pubblico: il che mi induce ad aprire una parentesi. In Italia, nell’arco di un quarto di secolo, siamo passati dall’inondazione delle Procure con esposti, denunce e lettere anonime (“Tangentopoli”) alla generale indifferenza civica: non escludo che la caduta di tensione intorno alla cattiva amministrazione degli interessi pubblici derivi anche da quel “Sistema Palamara” che offre la recente confessione raccolta da Alessandro Sallusti, ma sicuramente l’attitudine a subire è diventata una normalità, accompagnata dalla rassegnazione. Aggiungerei, però, un altro fattore determinante che ha contribuito ad abbassare le difese immunitarie del Paese: ad eccezione di poche testate e di pochi giornalisti, l’informazione in Italia è ormai caduta nel sonno nei confronti del Potere. Spesso, compiacente. Per rendersene conto, sarebbe sufficiente sfogliare le pagine dei quotidiani del tempo di Mani Pulite, ma anche degli anni Sessanta e Settanta.
Da alcuni mesi, con l’avvio della rubrica “Operazione Spartito”, ogni giorno mi arrivano carte e telefonate riguardanti i Teatri. Molte di queste evidenziano situazioni di cattiva gestione, discriminazioni personali, e decisioni di spesa, tali da poter configurare ipotesi di reato. Ciò nonostante, gli unici esposti che ho visto finora sono stati quelli della Fials, la Federazione Italiana Autonoma dei Lavoratori dello Spettacolo. Neppure un deputato o un senatore della Repubblica. Nei rari casi di un consigliere comunale o regionale, ho notato che l’interrogazione finisce poi nel dimenticatoio, una volta presentata.
La vicenda della Corte dei Conti Toscana induce a pensare che possa essere replicata anche in altri Teatri italiani. Sarebbe cosa buona e giusta che nelle quattordici città sedi di una Fondazione Lirica e nei comuni sede di Festival, gli eletti dal popolo – i consiglieri comunali – si facessero parte diligente per verificare. Non meno dei sindacati di categoria, naturalmente.
