di ALDO BELLI – Teatro Regio di Torino /2 – Il commissario di governo Purchia nega i verbali dei revisori al consigliere comunale Petrarulo.
“Un auto senza pilota, perdite fuori controllo”. Non è il titolo di un tragico incidente sulla strada, ma dell’articolo pubblicato da la Repubblica Torino il 20 luglio 2020 a firma di Ottavia Giustetti. Sicuramente, anche questo tema dei conti e del bilancio disastrato del Regio di Torino sarà finito sulle scrivanie della Procura della Repubblica, a prescindere dall’inchiesta che è stata conclusa in questi giorni.
Come vedete, vado al sodo. Inutile tergiversare, sono un libertario e considero chiunque innocente fino alla condanna definitiva secondo le forme fissate dalla nostra Costituzione; con lo stesso animo, reclamo il dovere dello Stato di accertare le responsabilità quando si tratta di gestione del denaro dei cittadini italiani. E aggiungo: soprattutto quando è lo Stato stesso ad ignorare e ad oscurare la verità per proteggere la propria casta. In una nazione civile, neppure il governo e le sue emanazioni istituzionali sono esentati dal rispettare la legge: incluso quella di vigilare su come sono stati spesi i fondi pubblici, annualmente dati al Teatro Regio di Torino. Non mi pare che questo sistema ordinario di vigilanza sia in uso al Ministero della Cultura, per cui le persone per bene non possono fare altro che confidare nell’imparzialità della Giustizia.
Nell’articolo del 20 luglio, si leggeva che il nuovo collegio dei revisori dei conti del Teatro Regio – insediato a febbraio 2020, presidente il dottor Mario Pischedda entrato nella magistratura contabile il primo ottobre 1985 all’età di 32 anni, presidente di Sezione dal 24 settembre 2014 – aveva redatto venti pagine di relazione inviate al Ministero della Cultura. Nelle quali, tra l’altro, si scriveva: “Getta un’ombra su almeno tre scelte contabili degli anni passati che sollevano forti perplessità. La prima, ripetuta anche quest’anno, è di aver contabilizzato in anticipo sul bilancio 2019 i contributi stanziati dai soci privati per il triennio, fino al 2021, e quelli per le manutenzioni degli anni a venire. Un accorgimento che ha comportato un alleggerimento delle perdite per 2.192.342 euro, che si sarebbero dovute sommare ai 7.187 milioni. Ci sono poi due veri e propri “errori contabili” che invece sono stati corretti con l’effetto che il patrimonio netto disponibile è sprofondato sotto lo zero per oltre 9 milioni: aver applicato per anni un’aliquota di ammortamento per le scenografie e i costumi più bassa di quella corretta per 3.859 milioni e aver valorizzato immobili inalienabili per 3.721 milioni di euro”.
La relazione dei revisori dei conti non rimane inosservata al consigliere comunale Raffaele Petrarulo di Forza Italia: per altro, essendo commercialista di professione, e svolgendo anche l’attività di consulente del giudice, revisore contabile e perito penale. Il 17 luglio 2020 aveva già depositato in Comune la richiesta (suo diritto nella qualità di consigliere comunale) di avere una copia dei verbali del collegio dei revisori dei conti relativi agli anni 2018, 2019, 2020. L’estate finisce e passano pure le canoniche festività dei Santi e dei Morti, e così il 30 novembre 2020 il consigliere Petrarulo scrive nuovamente al direttore della Divisione Cultura del Comune di Torino per chiedere lumi sull’esito della sua richiesta. Passa anche il Natale e l’Epifania, e armato di pazienza (impensabile in altre epoche politiche) il 22 febbraio 2021 Petrarulo fa un ulteriore sollecito.
Diceva Giulio Andreotti che “a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si indovina”. E lui era un uomo che con i segreti aveva una certa dimestichezza. In tutte le nazioni civili vige un principio generale: tutto ciò che appartiene agli atti della pubblica amministrazione è di dominio pubblico, tranne quello che è stato sottoposto al ‘segreto di Stato’ o vincolato alla riservatezza secondo legge. Notare bene: riservatezza secondo legge (la materia nella procedura civile e penale è specificatamente normata) non significa che rimane segreto, inaccessibile agli aventi diritto di vederlo, bensì che colui che lo riceve ha l’obbligo di non divulgare gli atti ricevuti, potendo così agire solo nelle sedi deputate qualora leggendo gli atti ravvedesse violazioni in danno di se medesimo oppure del patrimonio pubblico.
In Italia viceversa, è invalsa l’applicazione del diritto regio: ovvero, che chiunque ricopre una carica pubblica lo sia per investitura del re e non in nome del Popolo Italiano al quale deve rendere conto. Per impedire l’informazione sugli atti pubblici, negli ultimi anni è venuta di moda, a proprio uso e consumo, la ‘privacy’: con la quale, tutto diventa accessibile solo a discrezione del “potente” di turno. La legge sulla privacy, invece, era nata proprio per distinguere il giusto diritto alla riservatezza delle persone e non di quello che le persone fanno quando gestiscono l’interesse pubblico e collettivo.
Ascoltate la risposta che il commissario di governo Rosanna Purchia ha dato al consigliere Raffaele Petrarulo, che aveva rinnovato la sua richiesta di accesso ai verbali del collegio dei revisori dei conti del Teatro Regio, durante l’audizione in Commissione Cultura del Comune di Torino che si è tenuta il 26 febbraio scorso.
Non so “con chi parlate o quali giornali leggete…”. Ottimo inizio del commissario di governo Rosanna Purchia.
Prossima tappa: Il Quotidiano del Popolo o la Pravda. E cosa vuole che leggiamo? Quello che passa il convento.
Passiamo oltre, tralasciando i quasi sette mesi occorsi per ricevere la risposta da parte di un rappresentante del Comune di Torino, che è il legittimo proprietario del Teatro Regio.
Adesso, ascoltiamo la domanda del consigliere comunale Raffaele Petrarulo.
In conclusione. Il consigliere comunale Raffaele Petrarulo chiede l’accesso agli atti al dirigente competente del Comune di Torino, il quale avrà ovviamente girato la richiesta al commissario di governo Purchia che è stata nominata e rappresenta il Ministero della Cultura, la quale dice al consigliere Petrarulo che deve rivolgere la sua richiesta al Ministero della Cultura. Insomma, come dire: Trentatré trentini tornavano da Trento tutti e trentatré trotterellando… Ma la signora Purchia, al Regio di Torino, non è il commissario di governo che rappresenta il Ministero della Cultura? Obbiettivamente, non si comprende tutto questo scioglilingua il cui ultimo esito è il buio: su una serie di documenti che costituiscono la chiave di lettura prioritaria – qualunque essa sia – su ciò che è accaduto negli anni per arrivare al disastro finanziario in cui oggi versa il Teatro Regio di Torino.
Il commissario Purchia ha ricevuto quelle relazioni che vengono negate al consigliere Petrarulo. Lei sa, quindi, cosa c’è scritto: anche in ordine al tenore dei rilievi fatti dal nuovo collegio dei revisori dei conti. Debbo desumere che il commissario di governo Rosanna Purchia non abbia ravvisato alcuna osservazione, omissione, o fatto, tali da poter configurare ipotesi di reato nella pregressa gestione del Teatro Regio. Altrimenti – come la signora ha dichiarato – “non essendo di primo pelo” nella gestione dei Teatri finanziati con contributi pubblici, avrebbe sicuramente adempiuto al disposto degli artt.361 e 362 del Codice Penale: “Il pubblico ufficiale” o “l’incaricato di un pubblico servizio… il quale omette o ritarda di denunciare all’autorità giudiziaria, o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con…“.