di GIOVANNI VILLANI – Un record storico, 25.000 operatori stranieri arrivati da 139 Paesi di tutto il mondo, 90.000 presenze.
L’edizione numero 54 di Vinitaly si è chiusa con un successo che neppure i più ottimisti degli addetti ai lavori si immaginavano. Un record storico che si può sintetizzare in 25mila operatori stranieri arrivati da 139 Paesi di tutto il mondo, a rappresentare il 28% delle quasi 90 mila presenze complessive degli operatori nei quattro giorni della manifestazione veronese.
Sul fronte delle partecipazioni estere, la gara si è svolta fra Usa e Germania, con la prima a confermarsi poi leader nella classifica dei buyer presenti. Al terzo piazzamento si è situato il Regno Unito, mentre il Canada al quarto è subentrato alla Cina condizionata come il Giappone dalle limitazioni pandemiche (e i russi dalla guerra) che hanno costituito non meno di altre 5 mila mancati arrivi.
“Vinitaly si è più che mai concentrata su quelle imprese, medie e piccole, che si avviano all’internazionalizzazione – sono le dichiarazioni del presidente di VeronaFiere, Maurizio Danese – con un risultato molto positivo in un settore caratterizzato da piccole realtà. Ora guardiamo al 2023 con un evento ancora più attento alle logiche di mercato e alla funzione di servizio e di indirizzo della nostra fiera, a favore di un comparto che si è espresso con entusiasmo nell’essere ritornato dopo tre anni a Verona”.
Nell’occasione della manifestazione è stata ribadita la decisione di dar corso all’allestimento del (finora solo prospettato) Museo del Vino che sarà collocato nei vecchi magazzini mercatali, posti proprio di fronte a VeronaFiere, mentre si è provveduto a siglare un patto sul “Vino made in Italy” a cura di operatori, politici e vertici di numerose associazioni.
Il Patto di Verona consiste in cinque punti a tutela del vino italiano, proposto dal quotidiano locale L’Arena di Verona, sottoscritto e condiviso tra i padiglioni fieristici, da esponenti del Governo, del mondo politico, dell’impresa, dalle associazioni dei produttori e dai vertici di VeronaFiere. Riguarda uno degli asset di primissimo piano dell’agroalimentare e dell’export italiano, pronto per essere spedito al Commissario all’Agricoltura Wojciechowski, al Governo della UE retto dalla presidente Ursula von der Leyen.
Il testo prevede: la protezione del brand enoico nazionale dalla contraffazione, il sostegno alle imprese attraverso le risorse del Pnrr, la revisione della Politica agricola comune (Pac) in vigore dal prossimo gennaio, alla luce delle conseguenze della guerra ucraina, la promozione unica e concertata del made in Italy e la difesa del vino in sede europea da misure e slogan inibitori dei consumi.
Tra i primi a siglare il patto e ad offrire la disponibilità perché il documento arrivi nelle sedi comunitarie, il ministro Massino Garavaglia, l’europarlamentare Paolo De Castro (in Commissione Agricoltura del Parlamento a Strasburgo), l’europarlamentare veronese Paolo Borchia, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, l’europarlamentare bresciano Danilo Oscar Lancini, la stessa Regione Veneto.
n dettaglio i cinque punti del Manifesto: 1) Difesa del vino made in Italy contro contraffazione e assalto mercati steri; 2) Il vino e la salute tra uso e abuso, no a etichette negative; 3) Sostegni economici alle imprese attraverso anche il Pnrr; 4) Riforma della Pac alla luce della nuova crisi; 5) Promozione unica del vino made in Italy.
(foto: https://www.vinitaly.com/)
Giovanni Villani è nato a Verona, giornalista pubblicista dal 1990, critico musicale del quotidiano L’Arena di Verona. Dirigente amministrativo. Laureato all’Università di Bologna in Storia e all’Università di Verona in Arte.