C’era una volta Licurgo

di GIANCARLO ALTAVILLA – Diffido degli uomini super, non credo che le soluzioni possano stare nell’idea e nell’azione di un uomo solo.

È un personaggio che sta tra la storia e la legenda, vissuto alcune centinaia di anni prima di Cristo, a Sparta. Egli era un saggio, un filosofo, un generoso pensatore, conoscitore della società greca. Pare avesse grandi conoscenze bancarie e doti finanziarie, capaci di far quadrare i conti tanto dei poveri cristi, quanto degli Stati. Licurgo era stimato dai colti e dai ricchi, e (non si sa perché) era ben voluto anche dal popolo (probabilmente irretito dalla sua fama di uomo provvidenziale); tutti lo consideravano l’unico in grado di mettere ordine nella Città-stato, fornendole un ordinamento politico finalmente valido, stabile e proficuo.

Si racconta che Licurgo, per volontà di pochi, ma per il bene di tutti, fu chiamato dai saggi di Sparta a dare ciò di cui la Città aveva bisogno: la Grande Rhetra, ovvero la legge fondamentale, la più giusta, la più condivisa, quella che nessun altro avrebbe saputo concepire e regalare agli spartani. E Licurgo, poche parole e niente chiacchiere, accettò l’incarico e scrisse la sua Rhetra. Qualcuno ancor oggi afferma che la sua legge era così bella e giusta perché gli fu dettata da tale Pizia, una sacerdotessa di Apollo a Delfi. Ma chissà se è vero.

Gli spartani preferirono pensare che il super Licurgo avesse fatto tutto da sé, e che la sua legge fosse proprio ciò che volevano, anche per compiacere gli staterelli viciniori alla Città, stufi di governanti e legislatori che avevano solo il pregio di essere stati scelti dal popolo di Sparta, ma che, per il resto, non legavano nemmeno i lacci dei calzari al saggio Licurgo. La Grande Rhetra fu redatta, ma, a parte la pompa magna, non si sa quanto risultò proficua.

Certo, Licurgo si innamorò della sua opera e, in procinto di lasciare Sparta per un lungo viaggio, convinse il popolo a giurare che avrebbe rispettato la sua Rhetra fino a quando non fosse ritornato. E gli spartani giurarono.

Peccato che poi Licurgo non tornò mai più a Sparta, e qualcuno, negando che fosse morto, insinuò che, memore del giuramento, avesse deciso di dileguarsi per dare imperitura vita alla sua bella legge. Come andò davvero non si sa: Licurgo, poveretto, morì o sparì per lasciare Sparta inchiodata alla sua legge?

La storia insegna che tutto passa e che non esistono leggi umane né salvifiche, né eterne: e infatti Licurgo fu presto dimenticato. Ma la storia insegna anche che i popoli costantemente aspirano a rintracciare l’uomo della provvidenza, quello che tutto risolve. Si pensi all’Italia. A parte l’ignobile esperienza fascista, chi mai avrà dimenticato il plauso delle genti all’accusatore Antonio Di Pietro o l’inno dolcissimo a Berlusconi, ‘meno male che Silvio c’è’? Eh, che tempi.

Oggi è un’altra epoca e questi sono i giorni del nuovo governo. Il presidente, tutti lo sanno, è Mario Draghi, per alcuni, il professore, per altri, il banchiere, per le televisioni nazionalpopolari, Supermario. Praticamente, uno di noi. Ancora una volta, un uomo scelto secondo logiche emergenziali, come fu per Lamberto Dini, e poi per Mario Monti. Come fu per Licurgo. Oramai è chiaro: il sistema politico rappresentativo è troppo farraginoso e massimamente inefficiente (e, diciamolo, pure un poco fastidioso); quindi, il parlamento stia al suo posto e lasci fare a chi, per aver diretto banche e governato la moneta, ha imparato a far tutto. Ma sì, è così; noi, come sempre, ci arriviamo tardi, ma basta chiederlo ai greci quant’è politico e sociale il governo dei banchieri. Loro lo sanno. E infatti, da cinque anni a questa parte, come un sol uomo ringraziano la BCE (quella di Supermario), che, condannandoli al fallimento (più amabilmente chiamato default), ha spiegato loro la inesorabile supremazia della moneta e della finanza su tutto il resto.

Diffido degli uomini super, non mi piacciono; soprattutto non credo che le soluzioni del vivere comune possano stare nell’idea e nell’azione di un uomo solo. Diffido della politica che abdica a favore della tecnica, vieppiù quando questa non solo è asettica scienza economica ma affonda le sue radici ideologiche nel potere impolitico della finanza.

Il Prof. Draghi governerà, ci darà le sue leggi fondamentali; ma, mi raccomando, se prima di uno dei suoi viaggi verso la sede della BCE, o in qualche altro luogo d’Europa e del mondo, dovesse chiederci di giurare che fino al suo ritorno obbediremo alla sua buona Rheta, ricordiamoci di Licurgo, e soprattutto di Sparta.