L’8 settembre a 100 anni dalla Marcia su Roma

di GIOVANNI RANIERI FASCETTI – La nostra azione di resistenza all’analfabetismo di ritorno è quella di coltivare la pianticella della Memoria.

L’8 settembre di settantanove anni or sono, intorno alle ore 19.42 gli apparecchi radio diffusero nelle case e nei luoghi pubblici un fatidico ed anche po’ quanto sibillino messaggio, letto ai microfoni dell’E.I.A.R. dal Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio:

Il Governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.

Fu un evento chiave nella storia dell’Italia, che mai dovremmo scordare; quello che sul momento era sembrato a molti l’annuncio della fine di un incubo, l’incubo delle guerre (Africa, Spagna, Grecia, Russia), della fame, dei bombardamenti, altro non era che l’inizio di un nuovo, doloroso capitolo della nostra Storia: l’esercito italiano senza ordini precisi, allo sbando, la rapida invasione nazista dell’Italia, dodicimila nostri militari trucidati dai nazisti nelle isole dell’Egeo, la deportazione nei campi di concentramento di seicentomila militari renitenti alla proposta di passare nelle file della costituenda Repubblica Sociale Italiana, la deportazione dei cittadini di religione ebraica nei campi di sterminio, gli eccidi che insanguinarono le nostre città e le nostre campagne.

Tanti furono, allora, gli italiani che scrissero con il proprio sangue le pagine di questo capitolo; purtroppo, la gran parte degli italiani di oggi queste pagine non le leggono più, un po’ perché la maggioranza della popolazione non legge un libro, né cartaceo e neppure on-line, un po’ perché molti, pur leggendole, non sarebbero in grado di comprenderle perché afflitti da una grave deficienza che si chiama analfabetismo di ritorno; altri, infine, si rifiutano di leggerle perché pensano che il passato sia passato e che ciò che è stato non abbia più nessuna importanza per la vita di oggi.

La pensano così anche una certa quantità di cittadini che hanno già maturato il diritto di voto o lo stanno per maturare, afflitti da un altro “male di ritorno”: la rinnovata adesione alle idee del Nazionalsocialismo e del Fascismo. Una vera e propria galassia che circonda la Costellazione dell’Europa, composta da gruppi virtuali e reali che da tempo coltivano il mito dell’Italia in camicia nera e dell’Europa in camicia bruna. Basta dare un’occhiata agli zaini di scuola dei ragazzi, ai loro tatuaggi, ai simboli stampati sulle loro magliette o che portano al collo, alle scritte sui banchi o sui muri delle aule.

Comunque, per dirla con le parole che Piero Calamandrei volle indirzzare al Feldmaresciallo Albert Kesselring: “su queste strade se vorrai tornare/ ai nostri posti ci ritroverai/ morti e vivi”, pronti a difendere l’Italia Repubblica nella quale, in virtù di un’ineguagliabile Costituzione, Sovrano è il Popolo e la Democrazia è la base del vivere civile.

L’unica azione di resistenza che noi non violenti, democratici, libertari possiamo utilizzare in questo momento storico, è quella di coltivare la pianticella della Memoria, con la speranza di estrarvi gli antidoti contro le tossine del totalitarismo che provocano – e ben si vede in diverse aree del mondo – guerre catastrofiche, devastazioni, fame, abbrutimento dell’Umanità.

Bunker a Fornacette

Bisogna lavorare alacremente e capillarmente nella diffusione della conoscenza della Storia e la Scuola Pubblica – soprattutto i “nemici” della Democrazia ben lo sanno – è l’ultimo baluardo dove si tenta di combattere la barbarie, è l’unica vera agenzia di integrazione sociale, razziale, sessuale, l’unico luogo dove quotidianamente si fa Cultura, si parla di Legalità, di Libertà, di Uguaglianza, di Fratellanza, di Dignità dell’uomo, in una dimensione garantita dalla Legge, quella del Diritto alla Libertà di Insegnamento del Docente, fragile linea trincerata che il duplice assalto dei miopi burocrati da una parte, e degli accorti reazionari dall’altra

Per anni ho utilizzato la Memoria dell’8 settembre per spiegare ai ragazzi il concetto base della Storia e di ogni storia, anche individuale, in virtù del quale ogni evento è conseguenza di altri eventi; in un regime di causa effetto si sono prodotte catene di eventi che la Memoria può risalire o discendere; addirittura, l’Intelligenza può ricavarne gli elementi per disegnare quali saranno le future catene di eventi.

Per spiegare l’8 settembre bisogna risalire a quanto avveniva qui, da noi, centouno anni fa. Ci fossimo per caso trovati a passare nella via Contessa Matilde, appena fuori delle mura civiche di Pisa, avremmo potuto assistere alla terribile scena di un pacifico insegnante socialista, Carlo Cammeo, chiamato con una scusa all’esterno della scuola elementare, che cade al suolo finito a colpi di pistola sotto gli occhi atterriti dei bambini che guardano dalla finestra o, nelle campagne prossime alle colline pisane, al cadavere di un ragazzo, figlio di comunisti, trascinato per le strade con il camion o al feroce scontro tra un coraggioso drappello di Regi Carabinieri di Sarzana e settecento camice nere.

Questa scia di sangue e di violenze lunga un anno è il percorso che ci porta, inevitabilmente, ad un’altra data chiave della storia dell’Italia: il 28 ottobre 1922, quest’anno ricorrono i cento anni esatti, è, come si suol dire, l’Anniversario; ci sarà chi lo celebrerà come una festa, spero anche chi, all’opposto, lo commemorerà come evento luttuoso: la marcia su Roma e la conseguente presa del potere da parte di Benito Mussolini, con il favore del re Vittorio Emanuele III, sovrano affetto da nanismo culturale ed emotivo il quale, quando gli annunciarono l’assassinio dell’Onorevole Giacomo Matteotti il 10 giungo 1924, così commentò: “mia figlia stamani ha ucciso due quaglie”; spiegazione: Sua Maestà in quei giorni si trovava in San Rossore, tenuta di caccia amatissima dai Savoia che vi trascorrevano i lunghi mesi estivi.

Qualche anno più tardi, il 5 settembre 1938, sempre in vacanza e sempre qui a San Rossore, per ordine del suo padrone Benito Mussolini, Sua Maestà il Re d’Italia firmava le famigerate Leggi razziali che andavano a colpire tanti onesti e fedeli sudditi del Regno, dando vita ad un sentimento antisemita che forse precedentemente si poteva ritrovare diffuso soltanto in alcune plaghe di popolani ignoranti.

Più tardi, il 10 giungo 1940, gestito sempre dal burattinaio Mussolini, avrebbe firmato la dichiarazione di guerra a Francia e Gran Bretagna gettando l’Italia nella terrificante spirale del conflitto mondiale.
Ritornando alla dimensione della Scuola, ho sempre pensato che per insegnare efficacemente la Storia, bisogna farla rivivere, bisogna far sì che gli allievi se ne sentano parte; nacque così, all’epoca in cui insegnavo al Professionale di Pontedera, l’idea di portarle i ragazzi a scoprire un vero e proprio monumento abbandonato: le fortificazioni dell’Arnostellung, la linea dell’Arno, spiegando come fossimo arrivati all’invasione nazista dell’Italia dopo il famigerato 8 settembre e come i tedeschi avessero concepito linee di resistenza per arginare l’avanzata dell’esercito anglo-americano, dalla prima linea, la Gustav a sud di Roma, fino alla costruzione, in contemporanea, di due linee: la Grüne Linie, che noi italiani abbiamo chiamato “Gotica” ricordandoci che anche secoli prima, al tempo della decadenza dell’Impero romano, il popolo barbaro dai Goti aveva passato le Alpi per devastare le fiorenti campagne della penisola, e l’antemurale della stessa, la meno famosa Arnostellung, la linea dell’Arno.

Attraversando cortine di erbacce che crescevano sull’argine del fiume, li portai sul campo, a mettere in luce, misurare, fotografare, schedare sette manufatti in cemento di questa linea, nel segmento che va dall’area del paese di San Giovanni alla Vena alla località La botte. Successivamente fu la volta degli allievi dell’Istituto “Enrico Fermi” di Pontedera che crearono un laboratorio per la valorizzazione didattico-turistica dell’Arnostellung, con una visita teatralizzata; in questo caso, gli allievi, ricevuti elmetti, binocoli, giberne, stivali e divise, in parte pezzi originali da collezione, in parte copie fedeli, vennero a subire una vera e propria immersione nella Storia trasformandosi nei personaggi che nel 1944 si muovevano sullo scenario dell’Arno, divenuto ormai linea del fronte, del vicino Monte Pisano e dei paesi posti alle sue pendici.

Grazie alla pulizia operata dall’Amministrazione Comunale di Vicopisano la scena fu pronta e in una meravigliosa mattinata due classi della scuola media poterono rivivere gli orrori della guerra partendo dal centro del paese di San Giovani alla Vena, dal monumento ai caduti posto di fronte alla Casa del Fascio, interessante edificio di stile imperiale fascista e poi su per l’argine, incontrando vari cartelli con i ritratti dei generali che dirigevano la guerra in zona, con le foto dei carri armati e degli obici che si usavano nei combattimenti e… sorpresa! In prossimità della prima casamatta un gruppo di sfollati delle città di Pisa e di Livorno, con le loro valige di cartone, pronti a raccontare l’oscuramento, la fame, il mercato nero, i feroci bombardamenti americani delle città, l’angoscia per padri, figli, fratelli mandati a morire in Africa, in Grecia, in Russia, l’occupazione nazista, i rastrellamenti degli uomini; oltre ancora i cartelli con le foto di Livorno e di Pisa distrutte dalla pioggia delle bombe; in corrispondenza della seconda casamatta ecco apparire i tedeschi, soldati della Wehrmacht, preoccupati per le loro famiglie, forse sterminate dai bombardamenti intensivi con i quali gli americani radevano al suolo le città germaniche ed una SS, fanaticamente convinta della imminente vittoria del Fuhrer, grazie alle armi segrete.

Più oltre ecco sbucare dal folto della vegetazione una banda di partigiani disponibili a narrare la loro azione sul Monte e sul piano tra Lucca e Pisa.

In corrispondenza della grande postazione per un obice, collocata in prossimità del ponte che collega Vicopisano con Le Fornacette, una squadra di soldati anglo americani con le loro bandiere, a raccontare la marcia dal meridione alla Toscana per sconfiggere i nazisti; un soldato italo americano pronto ad esprimere, in un italiano stentato, la profonda emozione del trovarsi a combattere per liberare il paese dei genitori emigrati in America decenni prima.

Il finale poi, terribile, alla grande casamatta esplosa ma rimasta in piedi che si trova oltre lo scolmatore del Bientina: l’appuntamento con un gruppo di ragazze che uscivano lentamente dall’edificio, una alla volta, nei loro vestiti e pettinatura anni quaranta, con il volto e i corpi bianchi e le ferite d’arma da fuoco sanguinanti, fantasmi delle ragazze sfollate sul Monte, tornate a valle il 19 agosto 1944, alla loro casa di San Giovanni alla Vena, per controllare se vi era ancora la cassa del corredo per le nozze che sognavano imminenti, uccise e poi sepolte in un canneto, schierate qui, di fronte al pubblico a raccontare la loro storia ed anche gli eccidi di casa Roques in Pisa, di Cisanello, della Romagna, del Termine, di Piavola di Buti e del Padule di Fucecchio.

Dopo tante epiche visite all’Arnostellung, organizzate anche con i ragazzi dell’Istituto “Antonio Pesenti” di Cascina in Alternanza scuola-lavoro presso la Rocca del Brunelleschi a Vicopisano e l’ultima da me guidata con centocinquanta visitatori, penso sia giunto il momento di mettere mano alla costruzione di uno stabile percorso di vista a questo monumento della Storia.

In questi giorni il Gruppo Culturale “Ippolito Rosellini” ha rivolto ai Sindaci del Comune di Calcinaia e della Città di Vicopisano la proposta di intitolazione del ponte sull’Arno prossimo alla Botte alla memoria del Generale Giuseppe Montezemolo, primo capo della Resistenza in Italia, medaglia d’oro al valor militare, fucilato dai nazisti nell’eccidio delle Fosse Ardeatine e di costruire un percorso stabile che renda possibile la fruizione dei manufatti in cemento, non soltanto i sei del territorio Vicopisano ma anche gli altri che si trovano nei pressi di Calcinaia e al grande bunker ottimamente conservato presso la frazione di Fornacette.

Infine un sogno personale: veder sorgere a San Giovanni alla Vena un museo documentario dell’Arnostellung che potrebbe ospitare i materiali che sono testimonianza concreta di quei fatti e che alcune famiglie della zona ancora conservano; un qualcosa di simile a quanto venne creato anni or sono a Cassibile, il paesino presso il quale l’Armistizio fu firmato: per vari decenni il Museo dell’Armistizio, ospitato nella scuola comunale, ha attirato i vacanzieri della costa orientale della Sicilia; il Museo dell’Arnostellung potrebbe costituire un elemento di forte richiamo turistico di questa parte del Comune di Vicopisano.