Mario Draghi

Un governo nato in farmacia, l’unica speranza è Mario Draghi

di ALDO BELLI – C’è da augurarsi che l’Europa di Draghi, sia quella di Franklin Delano Roosevelt, di Konrad Adenauer e Francoise Mitterand.

Il nuovo governo è nato in farmacia. Tanti grammi di colla di pesce, qualche goccia di valeriana e così via. Come scrivevamo ieri in apertura del nostro giornale, il Parlamento è stato silenziato; per fortuna è rimasta la Meloni, altrimenti la Democrazia penderebbe appesa ad una forca davanti alle tombe dei Padri della Patria. In altri tempi si sarebbe detto che quello di Mario Draghi e del Grande Farmacista è un governo dell’Arco Costituzionale, ma la Giorgia Nazionale purtroppo per i nostalgici del Dopoguerra non è il Movimento Sociale Italiano di Almirante, anche se al suo interno sopravvivono gli ex-ragazzi ormai invecchiati impastati di neofascismo e sul piano internazionale si colloca con le destre della Le Pen, di Orbàn ed oltre Oceano con gli assalitori del Congresso Americano.

Possono raccontarci ciò che vogliono, ma un Paese governato da una coalizione di forze politiche tra loro alternative che coprono tre quarti del Parlamento si chiama Dittatura della Maggioranza, come la teorizzò Alexis de Tocqueville. A qualificare una democrazia non sono i governi, ma le opposizioni: perché anche il migliore governo composto da buoni governanti è naturalmente esposto ad approfittare della propria forza numerica per far affermare i propri interessi. E quando gli interessi non corrispondessero al bene comune, chi può fermarli? Il requisito essenziale della democrazia è la sovranità popolare: e il popolo elettore italiano ha espresso il proprio voto affidando la propria volontà a partiti e movimenti che si sono dichiarati alternativi gli uni altri altri. E se questi partiti e movimenti anziché rimanere fedeli al voto degli elettori si uniscono a partiti dichiarati loro avversari, cosa rimane della sovranità popolare?

Il 10 maggio 1940 Winston Churchill fu nominato Primo Ministro di un Governo di Guerra che riunì tutti i partiti inglesi: ma si trattava della guerra scatenata da Hitler sull’Inghilterra e sul Mondo. Il 12 dicembre 1944 Ivanoe Bonomi fu nominato Presidente del Consiglio di un governo composto da tutti i partiti antifascisti: ma si trattava del primo governo dell’Italia libera, in guerra per la liberazione del Paese dall’occupazione tedesca. Mi direte: adesso siamo in guerra contro il Covid. Ma “in guerra contro il Covid” sono tutte le nazioni del mondo, e non per questo nessuna di loro ha rinunciato alle regole fondamentali del sistema democratico che vedono in campo una maggioranza e una opposizione.

Mario Draghi rimane l’unica garanzia. Il percorso tracciato che lo porterà a diventare presidente della Repubblica segna la fine della Seconda Repubblica mai nata. Non è una contraddizione, perché l’Italia, dopo 75 dalla nascita della Repubblica non mostra ancora di essere in grado di gestire un sistema democratico compiuto: non lo è stata per quasi mezzo secolo con la Conventio ad excludendum che ha tenuto fuori dal governo il PCI, e non lo è stata neppure dopo Tangentopoli. C’è da augurarsi che l’Europa giunta in soccorso dell’Italia, perché questo è il prof. Draghi, sia quella di Franklin Delano Roosevelt, di Konrad Adenauer, e Francoise Mitterand (non aggiungo Alcide De Gasperi perché, pur da padre dell’unione dell’Europa, apparteneva ad una altra storia).